La condizione delle donne in Afghanistan oggi
Cosa vietano i talebani alle donne
L’avvento dei talebani è una seria minaccia per la popolazione femminile in Afghanistan. Divieti e proibizioni minano i diritti conquistati negli anni.
Era agosto 2021 quando le truppe statunitensi hanno annunciato e completato il ritiro dall’Afghanistan. Una scelta molto contestata dalla comunità internazionale perché anticamera di una nuova fase molto complicata per il Paese asiatico. Il ritorno dei talebani al potere ha preoccupato e preoccupa soprattutto in merito al trattamento riservato a quasi venti milioni di donne che vivono sul territorio.
Nonostante i guerriglieri abbiano affermato più volte di essere diversi da quelli di vent’anni fa (dopo i conflitti che avevano segnato la vittoria dell’alleanza occidentale) la situazione è ancora molto complessa.
Negli ultimi mesi i media hanno infatti riportato le proibizioni che hanno colpito la popolazione femminile in Afghanistan, limitazioni che rischiano di impattare sui diritti acquisiti, dopo anni di battaglie per ottenerli. Le donne sono scese in strada per protestare contro il divieto di frequentare scuole e università, in difesa del diritto all’istruzione.
Tuttavia la strada da fare è lunga e, soprattutto, pericolosa: solo poche settimane fa Frozan Safi, attivista e docente universitaria di 29 anni, è stata uccisa a colpi di arma da fuoco.
I talebani stanno cambiando anche i vertici delle istituzioni: secondo quanto riportato dalla Cnn, il nuovo governo, infatti, non prevede nessun volto femminile né tra i ministri né tra i viceministri. Prima della presa del potere dei guerriglieri, le politiche all’esecutivo erano il 6,5%: una percentuale comunque bassa, ma migliore rispetto alla condizione attuale.
Come sono trattate le donne dai talebani
Per comprendere cosa accade in Afghanistan alle donne e come queste vengono trattate basta analizzare le proibizioni a cui sono sottoposte da quando i talebani hanno ripreso il controllo del Paese. L’elenco di restrizioni è tanto lungo quanto disarmante.
Una donna afghana oggi non può lavorare fuori casa (ad eccezione di alcune donne medico e infermiere) e nemmeno fare altre attività se non accompagnata da un mahram (un parente stretto, come ad esempio il padre, il fratello o il marito).
È poi proibito trattare con negozianti uomini, essere visitate da dottori maschi o studiare in scuole, università o altre istituzioni educative.
Ma non è finita qui. Le limitazioni comprendono normali attività come andare in bicicletta o in moto, portare tacchi alti, poter presenziare a trasmissioni radio e tv.
Inoltre è vietato praticare sport, indossare vestiti colorati (anzi, è obbligatorio il burqa, pena violenze e frustate), usare cosmetici, ridere ad alta voce.
Ora esistono bus per sole donne e non ci sono bagni pubblici femminili; e per le donne che hanno relazioni fuori dal matrimonio vi è la lapidazione pubblica.
Quello che è venuto completamente a mancare è il concetto di libertà di espressione e di essere semplicemente se stesse. Le donne afgane, oggi, sono costrette a ridimensionare ogni espressione di sé, al controllo costante degli uomini e a scegliere per la propria vita in base a ciò che, per legge, si può o non si può fare.
La condizione delle donne afghane prima del ritorno dei talebani
La società, in Afghanistan, ha sempre avuto una forma patriarcale. Tuttavia, nel corso degli anni, le donne hanno ottenuto diritti che hanno permesso loro di vivere in modo più sereno e nel rispetto di se stesse, per quanto possibile in una società di quel tipo.
Risale al 1953 la possibilità di partecipare alla vita pubblica, mentre nel 1964 è stato allargato il diritto di voto anche alle cittadine. Nel 1978, durante il governo Taraki, uomo e donna, finalmente, sono alla pari; con l’arrivo dei Mujaheddin, alla fine del secolo scorso, la situazione si è incupita ancora una volta. Molte donne sono state uccise e violentate. È stata richiesta loro la copertura con il velo (con il burqa solo dal 1996), mentre coloro che si macchiavano di adulterio subivano l’esecuzione. Con l’affermazione, nel 1996, dei talebani al potere la condizione è ulteriormente peggiorata e anche quelle che erano regole simboliche o poco vincolanti sono diventate sempre più stringenti.
Subito dopo l’ottobre 2001, con la caduta del governo talebano, i diritti delle donne sono tornati ad essere d’interesse mondiale. Il periodo di “occidentalizzazione” ha portato un livello maggiore di libertà, ma molti nodi non sono stati sciolti.
Nonostante le conquiste ottenute in seguito all’intervento militare, la condizione della popolazione femminile è infatti rimasta ben lontana dagli standard internazionali. Secondo i numeri riportati da Save the children a fine 2020, ad esempio, il 60% dei minori esclusi dal sistema scolastico è ad oggi rappresentato da bambine: sebbene ci sia stato un piccolo miglioramento con la cacciata dei talebani, la cultura tradizionale è tuttora un freno all’educazione delle donne.
Inoltre ci si continua a sposare in giovane età: il 17% contrae il matrimonio prima dei 15 anni, il 46% prima dei 18 anni. Le giovani mogli hanno maggiori difficoltà a frequentare la scuola rispetto alle coetanee non sposate e subiscono spesso violenze e abusi. Inoltre, le ragazze non hanno accesso alle informazioni relative alla salute sessuale e riproduttiva, un grosso handicap che mina il loro benessere psicologico e fisico.
In tale contesto, il ritorno dei talebani è un’ulteriore minaccia ai diritti e alle libertà della popolazione femminile, che rischia di vedere peggiorare la propria condizione.
Come aiutare le donne afghane?
Il modo migliore per aiutare le donne afghane è donare quanto si può alle associazioni che da sempre operano sul territorio. Un esempio è l’Associazione italiana Pangea Onlus che aiuta le donne promuovendo la loro alfabetizzazione, e fornisce microcrediti per iniziare un lavoro in proprio. Negli anni, i programmi di Pangea hanno coinvolto più di 7.000 famiglie e oltre 60.000 bambine e bambini.
Anche Women for Women è un valido supporto per le donne afghane, offrendo loro luoghi sicuri per incontrarsi.
Afghanaid.org è poi un ente benefico britannico che sostiene da quarant’anni alcune comunità nel Paese asiatico. Attraverso la campagna di raccolta fondi in vigore è possibile donare cifre differenti per sostenere una o più famiglie. Altre associazioni validissime a più ampio respiro sono Unicef, Emergency e il Comitato Internazionale Croce Rossa.
A così tanta negazione possiamo rispondere donando, appunto, consapevoli che la il nostro è un aiuto per gli enti che si occupano, in modo concreto, delle donne in Afghanistan e dei loro bisogni, e informandoci di ciò che accade in un Paese tanto lontano da noi ma che ha bisogno di tutta la nostra attenzione.