La difficile conciliazione tra maternità e lavoro

La difficile conciliazione tra maternità e lavoro

In Italia sempre più donne decidono di non fare figli

Lavoro e maternità, un equilibrio complicato

La natalità in Italia è ai minimi storici. A rivelarlo è l’ultimo rapporto Istat. A fronte di 700mila morti nel 2022 i nati sono scesi, per la prima volta dall’unità d’Italia, sotto la soglia delle 400mila unità, attestandosi a 393mila, segno evidente di una forte crisi demografica.

Sono sempre meno dunque le donne che decidono di affrontare una gravidanza, vedendo nella maternità più un ostacolo che un’opportunità. Questa diminuzione è dovuta solo in parte alla spontanea rinuncia ad avere figli da parte delle coppie. Le cause sono da ricercare nella mancanza di servizi a sostegno della famiglia e, soprattutto, nell’assenza di reali possibilità di conciliare maternità e lavoro.

Allargare o no la famiglia: i dati

Stando alla ricerca “Le aziende e la natalità: le azioni per sostenere genitori lavoratori”, condotta per Plasmon da Community Research & Analysis dell’Università di Padova all’interno della piattaforma “Adamo”, sono molti i giovani italiani che desiderano allargare la famiglia. Almeno un lavoratore su tre (il 31,5%) vorrebbe avere un figlio.

Anche secondo il report FragilItalia “La crisi demografica italiana: famiglia, denatalità, figli”, un’indagine elaborata da Area Studi Legacoop e Ipsos e condotta su un campione rappresentativo della popolazione, il desiderio di avere figli è manifestato chiaramente dai giovani: 7 su 10 ne vorrebbero almeno due, quasi un terzo tre o più.

Quali sono gli ostacoli alla natalità

Allo stesso tempo, però, emerge evidente la paura di non poter soddisfare questo desiderio. Gli ostacoli alla natalità per oltre un lavoratore italiano su due (il 53,5%) sono legati prevalentemente alla sfera:

  • economica (costi);
  • lavorativa (timori di perdere il lavoro);
  • organizzativa (carenza di servizi per le famiglie).

Costi e servizi per l’infanzia

Quanto costa mantenere un figlio

Asili nido, babysitter, pannolini, pappe. Secondo quanto rilevato da Bankitalia, ci vogliono circa 640 euro mensili per mantenere un figlio. Senza contare la recente inflazione, che ha visto lievitare ulteriormente i costi. Il fattore economico rimane dunque una discriminante importante nella scelta di mettere su famiglia.

A pesare è anche la carenza di servizi rivolti alle famiglie e, in particolare, alle donne lavoratrici. I servizi educativi per l’infanzia risultano ad oggi non sufficienti e mal distribuiti. Secondo i dati Istat, nell’anno scolastico 2019-2020 erano presenti sul territorio italiano oltre 13mila servizi per la prima infanzia, per un totale di circa 361mila posti disponibili. Una copertura, rispetto ai residenti sotto i tre anni, del 26,9 per cento, inferiore al target del 33 per cento stabilito dall’Unione Europea.

Scegliere tra famiglia e lavoro

La conseguenza diretta è che sempre più donne si ritrovano a dover rinunciare di lavorare per poter accudire i propri figli. Un tema delicato, che merita un approfondimento a parte.

Affrontando il tema del gender gap, va ricordato che i congedi parentali rivolti ai padri sono stati recentemente oggetto di modifiche ed estensioni, permettendo così una maggiore condivisione della cura dei figli. Nonostante questo, tuttavia, stando all’analisi dei dati dell’Inps contenuti nel Rapporto 2022, ancora oggi la richiesta da parte dei padri del congedo facoltativo resta molto bassa. Solo il 37 per cento dei genitori, inoltre, risulta essere a conoscenza dell’obbligatorietà del congedo di paternità, pari a 10 giorni, da usufruire anche in via non continuativa.

Difficoltà fin dalla gravidanza: stress da lavoro e maternità anticipata

Le difficoltà nella gestione famiglia-lavoro cominciano in gravidanza

Conciliare maternità e lavoro risulta ancora oggi difficile e, per molte donne, la maternità viene considerata un ostacolo alla realizzazione personale e professionale.

I dati sembrano dare loro ragione. Dopo la nascita di un figlio, secondo il rapporto “Plus 2022. Comprendere la complessità del lavoro” che raccoglie i risultati dell’indagine Inapp-Plus, quasi 1 donna su 5 (il 18%) non lavora più. Mantenere il lavoro al rientro dalla maternità risulta più facile per le donne che hanno un impiego a tempo indeterminato, meno per chi ha un lavoro a tempo determinato o a chiamata.

Molti però sono gli ostacoli anche all’inizio di una gravidanza, dallo stress da lavoro che può spesso diventare fattore scatenante di una gravidanza a rischio, fino alle difficoltà legate alla richiesta di maternità anticipata.

Maternità e rientro al lavoro: serve un deciso cambio di passo

Per permettere alle coppie di mettere su famiglia e consentire alle donne di conciliare maternità e lavoro senza paura, è necessario attuare un deciso cambio di passo. In questo anche le aziende devono fare la loro parte, garantendo piani di welfare mirati, che possano andare oltre al congedo di maternità obbligatorio.

Sempre secondo la ricerca “Le aziende e la natalità: le azioni per sostenere genitori lavoratori”, le misure di supporto economico ai dipendenti genitori sono del tutto assenti nel 48,5% delle aziende, il 24,4% ne presenta una sola e solo il 27,1% due o più. Tra gli altri aspetti su cui bisognerebbe intervenire, secondo i lavoratori, ci sono:

  • orario flessibile, adottato solo dal 36,9% delle imprese;
  • permessi retribuiti per le visite mediche dei figli, concessi solo dal 28,6% delle aziende;
  • check-up per lo stato di salute, adottati dal 22,9% delle imprese;
  • asili aziendali, solo l’8,3% delle aziende li prevede;
  • congedi genitoriali più estesi, concessi solo nel 14,8% dei casi.

Tra le misure messe in atto dall’Europa, molti dei fondi di coesione sono destinati proprio alla tutela del lavoro femminile e alla creazione o miglioramento di servizi che consentano una piena conciliazione tra vita familiare e lavoro.

Per quanto riguarda quest’ultimo punto, tra il 2014 e il 2020 sono stati stanziati complessivamente 110,4 milioni di euro, dedicati proprio ai servizi all’infanzia, con il potenziamento di asili nido, babysitting, dopo scuola e attività integrative per i più piccoli.

Da segnalare anche i voucher pensati per favorire il work-life balance nella vita quotidiana delle aziende e delle lavoratrici. Infine, si ricordano gli investimenti nelle infrastrutture, in modo da creare realtà adeguate alle esigenze della società di oggi, con ad esempio la realizzazione e la riqualificazione di nidi e micronidi.