Diffusione di immagini private: come proteggere la propria intimità

Che cos’è il reato di revenge porn

Diffusione di immagini private

I giornali spesso ne parlano chiamandolo revenge porn (vendetta pornografica), la legge lo definisce come “diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”. Il fenomeno è lo stesso ed è particolarmente grave: si tratta di pornografia non consensuale e consiste nel diffondere foto e filmati che ritraggono una persona in una situazione intima senza la sua autorizzazione.

I motivi spesso sono legati alla volontà di vendicarsi di un torto subito (o  percepito come tale), come, ad esempio, la rottura di una relazione, oppure alla rabbia e alla non accettazione del termine del rapporto.

I recenti fatti di cronaca, riportati tra gli altri da Il Corriere, riguardo una maestra del torinese, licenziata dopo aver subito revenge porn, hanno gettato nuova luce su questo reato, che può avere effetti devastanti sull’equilibrio emotivo e mentale delle vittime.

Le conseguenze psicologiche comprendono:

  • disturbo da stress post-traumatico (problematica che emerge dopo un evento stressante);
  • ansia;
  • depressione;
  • istinti autolesionistici.

Chi ha subito il sopruso spesso si colpevolizza per quello che è successo e prova un senso di impotenza e vergogna dovuto alle difficoltà che si riscontrano nell’arginare la diffusione dei contenuti. Foto e filmati possono infatti essere facilmente copiati e condivisi su cellulari e computer e pubblicati nuovamente su siti e social, oltre che inviati a chat singole o di gruppo.

Diffusione di immagini intime private: i numeri in Italia

Ma qual è la dimensione del fenomeno in Italia?  Nel nostro Paese i reati di condivisione illecita di immagini o video sessualmente espliciti sono oltre 700 all’anno: circa due casi al giorno. È quanto riferito qualche mese fa nel documento “Un anno di codice rosso. Reati spia e femminicidi” del Ministero dell’Interno.

Secondo il report, la Regione con il maggior numero di delitti è la Lombardia, con 141 episodi in un anno, da agosto 2019 ad agosto 2020. Otto vittime su dieci sono donne: tra queste, l’83% è maggiorenne.

Come avviene la diffusione di immagini intime senza consenso

Porn revenge nei social

Le origini delle immagini e dei video possono essere diverse:

  • la persona che ha subito il sopruso ha inviato lei stessa foto e filmati che la riguardano in via esclusiva a qualcuno che poi li diffonde;
  • si tratta di riprese di rapporti/momenti intimi con il consenso della vittima a patto che il materiale rimanga privato, mentre invece viene divulgato;
  • si tratta di filmati di rapporti/momenti intimi a insaputa della vittima, usando ad esempio una telecamera nascosta;
  • hacking, chi commette il reato sottrae il materiale dai device dell’altra persona.

Immagini e video vengono poi diffusi solitamente su pagine o profili social, pubblicati in portali e siti porno oppure inviati a uno o più destinatari tramite programmi di messaggistica istantanea come Whatsapp o Telegram.

L’uso delle nuove tecnologie rende più facile la condivisione di foto compromettenti e più difficile rimuoverle completamente dalla rete: finché esiste una copia digitale, ci sarà sempre la possibilità che il contenuto possa essere trovato e condiviso.

Reato di revenge porn: cosa dice la legge

Difendersi dal porn revenge

Dal punto di vista legislativo, il reato di porn revenge viene definito dall’articolo 612-ter del Codice penale. L’articolo rientra nel cosiddetto Codice rosso, un insieme di norme in vigore dall’agosto del 2019 varato per tutelare le vittime di atti di maltrattamento, violenza sessuale e stalking.

La norma non punisce solo l’autore delle foto o dei filmati, che provvede a condividerle con terzi, ma anche chi, ricevendo questi materiali, non denuncia ma decide di diffonderli ulteriormente.

In generale, il reato prevede la reclusione da 1 a 6 anni e una sanzione pecuniaria da 5.000 fino a 15.000 euro. Esistono inoltre alcune tipologie di reato che prevedono delle sanzioni ulteriori, nel caso in cui:

  • il colpevole è il coniuge (anche divorziato) o il partner;
  • la vittima è in uno stato di inferiorità fisica o mentale;
  • le immagini riguardano una donna in gravidanza.

Non sono invece previste aggravanti in caso di minori.

porn revenge dati

Cosa fare se si è vittima di diffusione illecita di immagini private

Cosa fare se si scopre di essere vittime di revenge porn? Prima di tutto è importante non vergognarsi: fare scatti e video intimi rientra nella sfera della propria libertà morale. Inoltre è fondamentale agire contro chi ha tradito la nostra fiducia, violando la nostra intimità.

Se la diffusione non è ancora avvenuta, il consiglio è di negare esplicitamente il consenso alla condivisione e alla pubblicazione a chi possiede il materiale, con uno strumento di messaggistica istantanea, con ricevuta di lettura, in modo da dimostrare che l’atto di condivisione è avvenuto senza l’approvazione.

Se si scoprono le foto in qualche piattaforma, la prima mossa è segnalarlo al portale stesso, invitando a rimuovere il contenuto. Si può poi procedere alla denuncia, facendo una segnalazione al Garante della privacy. È anche possibile fare una querela, da presentare entro sei mesi da quando si è venuti a conoscenza della pubblicazione delle immagini e dei video incriminati. Attenzione: la querela non può più essere ritirata, se non all’interno del processo già iniziato.

Le persone che hanno subito revenge porn possono trovare sostegno anche nell’associazione no profit PermessoNegato, che offre il proprio supporto per individuare, segnalare e ottenere la rimozione dei contenuti in rete.

In questa battaglia è importante non far sentire sole le vittime, che possono essere sopraffatte dal senso di colpa. È fondamentale chiedere aiuto, anche e soprattutto agli specialisti. Insieme, è possibile uscire da questo incubo.