Discriminazione delle donne sul lavoro

I settori e i contesti in cui la disparità di genere è più forte

discriminazione delle donne nel lavoro

Il principio di parità tra uomo e donna (Direttiva 2006/54/CE) prevede che la donna possa accedere a qualsiasi lavoro ricevendo lo stesso trattamento  e la stessa paga di un uomo al medesimo livello. Questo diritto è in molti casi, purtroppo, ancora solo teoria: il gender gap è ancora molto radicato in ogni sfera pubblica e privata

Nella vita professionale, poi, le lavoratrici devono scontrarsi ogni giorno contro ogni sorta di difficoltà. Tra le discriminazioni sul luogo di lavoro più forti e difficili da abbattere troviamo:

  • le differenze in termini retributivi tra uomo e donna quando le prestazioni richieste sono di pari valore;
  • le molestie sessuali, ovvero tutti quei comportamenti indesiderati che violano la dignità della lavoratrice creando un clima ostile, intimidatorio o umiliante;
  • le ingiustizie legate alla maternità. Ancora oggi, portare avanti una gravidanza e mantenere il proprio lavoro sembra un’impresa quasi impossibile. Licenziamenti e dimensionamenti nelle prestazioni professionali, per le donne che affrontano una gravidanza, sono all’ordine del giorno.

Nel caso in cui il datore di lavoro adotti comportamenti discriminatori, la lavoratrice, o le organizzazioni sindacali e il consigliere di parità su sua delega, possono chiedere ricorso al Tribunale.

Discriminazione femminile in Italia e in Europa

discriminazione femminile in Italia

Lo studio “Women, business and the law 2019”, condotto dalla Banca Mondiale e diffuso dal Guardian, ha analizzato la situazione economica di 189 Stati, per giungere alla conclusione che la disparità tra generi in campo lavorativo non solo produce evidenti problemi sociali, ma anche una minore crescita di produttività a livello globale.

Le discriminazioni sono più evidenti soprattutto nei Paesi in cui non ci sono leggi contro la violenza domestica e le molestie sul luogo di lavoro.

Complessivamente, l’indagine premia Belgio, Danimarca e Francia per gli incentivi, la possibilità di ottenere lavoro e la protezione contro le violenze.

Per quanto riguarda la situazione in Italia, in cui le donne rappresentano il 42% della forza lavoro complessiva, le maggiori problematiche riguardano il sistema giudiziario, poiché in Italia non esiste una commissione anti-discriminazione

Purtroppo, nonostante l’opinione pubblica stia riflettendo profondamente sul ruolo della donna nella società di oggi, le dimissioni delle neomamme sono aumentate del 25% nel 2018, secondo lo studio dell’Ispettorato del Lavoro. L’Istat rivela che circa 5 milioni di donne non diventano madri perché non si possono permettere di perdere il lavoro o passare al part-time. La situazione non è rosea nemmeno nelle professioni più stimate e nei ruoli apicali. Infatti, le donne presenti nei consigli di amministrazione toccano appena il 14,5% del totale, mentre all’Università solo 2 rettori su 83 sono donne.

Economicamente, questa discriminazione non ha alcun senso. La banca d’Italia ha reso noto che se riuscissimo a portare la quota del lavoro femminile al 60%, come richiedono gli accordi di Lisbona, il PIL salirebbe moltissimo.

I settori con livelli più forti di disoccupazione

discriminazione femminile oggi

Il decreto interministeriale del 28 novembre 2018 individua, per l’anno 2019, i settori in cui il gender gap è più forte. Questa analisi è stata eseguita alla scopo di applicare in modo più efficiente gli incentivi all’assunzione previsti dalla legge.

Tra questi, troviamo la sezione agricoltura, costruzioni, magazzinaggio, trasporto e industria estrattiva, in cui la disparità supera il 25%. Inutile dire che le predisposizioni e le virtù non hanno nulla a che vedere col genere sessuale, anche se il report dimostra quanto questo pregiudizio sia ancora radicato.

La discriminazione femminile oggi: la conciliazione maternità e lavoro

maternità e discriminazione di genere

Conciliare lavoro e famiglia è spesso difficile, specialmente in una società come la nostra dove ancora si crede che sia compito esclusivo della madre prendersi cura dei figli. 

Secondo l’Istat l’11% delle mamme dichiara di non aver mai cercato un’occupazione per potersi dedicare alla cura dei propri bambini. Questo è un dato preoccupante, perché il lavoro permette all’essere umano di esprimere le sue potenzialità e trovare autonomia. 

Tra le più gravi discriminazioni subite dalle donne nel lavoro causate dalla maternità troviamo:

  • Licenziamento in caso di gravidanza. Le lavoratrici non possono essere licenziate dall’inizio del periodo di gravidanza  fino a 1 anno di età del bambino. Esistono però delle eccezioni: giusta causa, cessazione dell’attività, fine contratto, esito negativo nel periodo di prova.
  • Demansionamento in caso di gravidanza. È l’art. 56 del D.Lgs 151/2001 a tutelare le donne da questa grave disparità di trattamento.
  • Ostacoli alla carriera. Il decreto legge 198/2006 è chiaro nel vietare la discriminazione nell’accesso al lavoro, nella promozione, per causa di matrimonio, gravidanza e maternità.

Le discriminazioni possono essere dirette o indirette (comportamenti apparentemente neutri che spingono a uno stato di svantaggio le donne) e, in ogni caso, possono essere denunciate per via legale

Dimissioni obbligate: leggi e tutele

discriminazioni sul lavoro dimissioni obbligate

Spesso le discriminazioni sul luogo di lavoro sono indirette, ovvero vengono messe in pratica azioni volte a costringere la donna a licenziarsi. Ad esempio, una pratica diffusa è chiedere le dimissioni “in bianco” prima dell’assunzione

Significa far firmare anticipatamente il foglio delle dimissioni riempiendolo con la data corretta a fronte di una malattia, un diverbio o una gravidanza. 

Per tutelare le donne che desiderano un figlio e ridurre questa problematica sociale, interviene la Legge 188/2007 che:

  • si estende a qualsiasi tipologia di rapporto di lavoro;
  • stabilisce che per dare le dimissioni volontarie sia necessario compilare un foglio con codice alfanumerico progressivo (non si può fare in anticipo);
  • indica chiaramente dove trovare tali moduli, che sono gratuiti (es. Internet, Patronati, Direzioni territoriali del lavoro);
  • rimanda a un decreto le conseguenze di eventuali abusi.