Disparità tra uomo e donna nel lavoro

Disparità tra uomo e donna nel lavoro

Quali i comparti con la minor presenza femminile?

discriminazione femminile nel mondo del lavoro
Le opportunità lavorative di donne e uomini sono uguali? Ad oggi, nel 2021, la disparità di genere esiste ancora in diversi settori. Gli ostacoli ai sogni professionali delle donne sono soprattutto di natura culturale e sociale: si tratta di quei pregiudizi che indicano come “più adatte” a una donna, rispetto a un uomo, alcune tipologie di professioni, perché vicine a un certo immaginario collettivo che vuole la donna impegnata in lavori più “leggeri” e “facili”. La prima conseguenza di questo modo di pensare si riflette in busta paga (quando c’è) e sulla percezione delle donne nella società. Un indicatore è il gender pay gap, il divario retributivo tra donne e uomini che svolgono un ruolo professionale simile, e nel fenomeno del cosiddetto soffitto di cristallo. Si tratta di una metafora per indicare la barriera invisibile di preconcetti che impedisce alle lavoratrici di fare avanzamenti di carriera e di ricoprire ruoli apicali nelle organizzazioni. Vediamo insieme quali sono i settori lavorativi in cui le donne fanno più fatica ad affermarsi.

La disparità di genere in Italia nel 2021: i numeri

I settori con maggiori disparità tra donne e uomini
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, hanno stabilito, tramite un decreto del 16/10/2020, quali sono per il 2021 i comparti lavorativi del settore privato nei quali si registrerà una disparità uomo-donna maggiore del 25%, sulla base della media elaborata dall’Istat nel 2019. L’individuazione di questi settori ha l’obiettivo di stabilire quali sono gli ambiti che potranno beneficiare delle agevolazioni per l’assunzione di professioniste che sono disoccupate da almeno sei mesi, grazie ai fondi dell’Unione Europea.

Nella versione del decreto, valida per il 2021, la disparità maggiore in Italia si registra nell’edilizia, con un tasso pari all’83,6%: in questo ambito solo l’8,2% dei lavoratori è donna.

Nei servizi, il divario più ampio si riscontra nel ramo dei trasporti e magazzinaggio (56,4%) e spicca in negativo anche l’informazione e la comunicazione (37,9%). Infine, in agricoltura solo un addetto su quattro è donna.

Il decreto riporta anche le professioni con il più alto tasso di disparità di genere. Tra queste, ad esempio:

  • Membri delle forze armate, 96,2%;
  • Addetti ai trasporti, 95,7%;
  • Lavoratori dell’artigianato, dell’industria metalmeccanica e professionisti dell’installazione e manutenzione di attrezzature elettriche ed elettroniche, 95,1%.

Leggendo questi dati emerge quanto il comparto delle forze armate sia ancora totale appannaggio degli uomini, a ormai 22 anni dall’approvazione della legge 380/99 sul servizio militare volontario femminile. Nel 2019, come riportato da Il Messaggero, la presenza di donne nelle forze armate ha raggiunto le 16 mila unità, ma la strada da fare è ancora lunga.

Per quanto riguarda, ad esempio, la polizia, in Italia le donne in divisa sono quasi 15 mila, a fronte di 89 mila uomini, e rappresentano il 13% della forza complessiva. In Italia, tra le Regioni, si distingue in positivo la Liguria: qui le donne poliziotto sono quasi il 20%.

Nonostante i comparti lavorativi offrano posizioni aperte a candidature di ambo i sessi, persiste il pregiudizio che certe professioni siano “da uomini” e non adatte alle donne. Un pensiero, questo, che attribuisce determinate qualità fisiche e morali all’uomo (come forza, autorità, propensione all’uso delle armi), diverse da quelle della donna (delicatezza, sottomissione, dedizione alla cura degli altri). Ma la realtà ha molte più sfaccettature e non può essere ridotta a una suddivisione così netta, anche perché molto spesso queste attribuzioni sono del tutto infondate, come, ad esempio, il pregiudizio che “i maschi” siano più bravi nelle materie scientifiche e “le femmine” in quelle artistiche e letterarie. Una discriminazione che comincia tra i banchi di scuola e può arrivare fino all’età adulta, precludendo carriere alle donne. Vediamo qualche dato a riguardo.

Divario di genere nella scienza e nella tecnologia: un altro esempio di gender gap

La disparità tra donne e uomini nella scienza

Nel decreto 2020 per la disparità di genere 2021, tra i diversi dati riportati, emerge quello del gender gap relativo alle figure specializzate in scienze matematiche, informatiche, chimiche, fisiche e naturali: la percentuale è pari al 53,4%. Un dato che dimostra come le donne che decidono d’intraprendere una carriera in quest’ambito siano ancora in minoranza, rispetto agli uomini.

Un dato condiviso a livello europeo: secondo la ricerca “European Girls in STEM” (Science, Technology, Engineering and Mathematics, ovvero Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), realizzata da Microsoft in collaborazione con la London School of Economics e che ha coinvolto quasi 12 mila ragazze tra gli 11 e i 30 anni in 12 Paesi europei, sono gli stereotipi di genere influenzano la mentalità delle giovani donne: il 41% delle ragazze intervistate ritiene che non è possibile ottenere gli stessi risultati di un ragazzo in ambito scientifico e soltanto un quinto delle studentesse sceglie un percorso scolastico in questo campo.

In Europa, come dimostra la ricerca, l’Italia è nei primi tre posti per quanto riguarda l’interesse delle ragazze rispetto alle discipline scientifiche e informatiche: 41,7% delle intervistate italiane si sente portata per la matematica (rispetto a una media europea è del 37,6%), mentre quasi una su due è appassionata di materie informatiche (49,2%, contro il 42,2% in Europa).

I docenti, e la scuola più in generale, hanno dunque un ruolo fondamentale: spetta a loro catturare l’attenzione e l’interesse delle giovani, sfidando stereotipi sedimentati negli anni. È a partire dall’aula che si può iniziare a cambiare prima la mentalità, poi la propria vita e, infine, l’intera società, per combattere così le disparità di genere nel mondo del lavoro.

Quali iniziative possono allora contrastare questa tendenza?

  • valorizzare gli esempi di donne virtuose in queste discipline;
  • accrescere le esperienze di tipo pratico a scuola, come ad esempio i laboratori;
  • promuovere le materie scientifiche e tecniche da parte degli insegnanti;

Non mancano le iniziative anche al di fuori dalla realtà scolastica come, ad esempio, WomenInVoice, una community nata per incoraggiare le carriere delle donne e di altre persone nel settore delle tecnologie vocali. L’ambito STEM è fondamentale per lo sviluppo della società e non deve essere precluso a nessuno: questo viene ribadito con forza anche in occasione della Giornata mondiale delle ragazze e delle donne nella scienza, di cui abbiamo parlato sul nostro blog, che si tiene ogni 11 febbraio. Un appuntamento istituito dalle Nazioni Unite per celebrare le figure femminili che si sono distinte nell’arco dei secoli in un ambito storicamente di appannaggio maschile.

Disparità di genere in Italia nel lavoro: le misure per contrastarla

parita di genere nel mondo del lavoro in italia
La disparità di genere sul lavoro è un tema particolarmente delicato: negli anni sono stati varati specifici provvedimenti per tutelare la parità tra i sessi, a partire dalla legge Fornero n. 92 del 2012. La misura istituisce un’agevolazione fiscale rivolta alle imprese per l’assunzione di professioniste donne, di qualunque età, che rientrano in comparti caratterizzati da una forte disparità di genere. Per ottenere la detrazione, i settori e le professioni devono avere un tasso di disparità uomo-donna che supera il 25%.

Va poi ricordata la legge Golfo-Mosca, approvata a fine 2011, che impone alle società quotate in borsa di riservare al genere meno “presente” almeno un terzo dei posti negli organi amministrativo-decisionali. Questo provvedimento ha portato le donne a rappresentare, per la prima volta nel 2017, più del 33% dei consigli aziendali rispetto al totale dei membri.

Da un’analisi relativa al 2020 pubblicata da Cerved (un’agenzia di rating) e dalla Fondazione Marisa Bellisario (un network che si occupa di combattere la disparità di genere) e riportata, tra gli altri anche da La Repubblica, emerge come la percentuale del gender gap in riferimento al ruolo di amministratore delegato, dipenda anche da un fattore generazionale.

Le donne ai vertici di realtà aziendali sono solo il 13% sopra i 55 anni; il 18% tra i 45 e i 54; passano al 22% nella fascia di età compresa tra i 35 e i 44 anni, fino ad arrivare al 27% per le under 35. Una progressione che fa ben sperare nel futuro professionale delle donne e nel progressivo abbattimento del pregiudizio da parte delle nuove generazioni.

Ma la parità di genere è ancora da raggiungere: il gap tra uomini e donne che ricoprono ruoli ai vertici dell’imprenditoria e dell’amministrazione in Italia è complessivamente del 65,7%, a conferma del fenomeno del soffitto di cristallo.

Come sottolineato dal quarto rapporto sull’Imprenditoria femminile di Unioncamere, le imprese guidate da donne rappresentano solo il 22% del totale delle aziende in Italia (i dati sono aggiornati al terzo trimestre del 2020). La percentuale fa riferimento, nel dettaglio, a imprese di piccole dimensioni, particolarmente diffuse al Sud, in settori quali:

  • Wellness;
  • Sanità e assistenza sociale;
  • Manifattura moda;
  • Istruzione;
  • Turismo e cultura.

Al di là delle difficoltà, sono comunque molte le imprenditrici che hanno avuto successo, che abbiamo raccontato sul blog, grazie alla loro capacità di mettere in campo perseveranza e capacità di problem solving.

Le disparità tra uomo e donna vanno a danno dell’intera società: se le possibilità lavorative non sono eque, significa che a occupare le posizioni più importanti di aziende e istituzioni non sono sempre gli individui più meritevoli. Non solo: la discriminazione di genere, lede uno dei principi fondamentali della Dichiarazione dei diritti umani delle Nazioni Unite, ovvero che “A ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione”. Il principio di non-discriminazione è quindi fondamentale per godere dei diritti umani e continueremo a ribadirlo sul blog e sui social, chiedendo alle donne di raccontarci le loro esperienze.