Da quando le donne possono arruolarsi nell’esercito?
Una conquista recente, ma un passo fondamentale per la parità dei sessi
La strada verso la parità di genere è lunga e tortuosa anche…in ambito militare! All’inizio del Novecento sono stati compiuti i primi passi importanti: come stabilito dalla legge n. 1176 dal 1919 le donne in Italia sono state libere di scegliere qualsiasi percorso professionale nel settore pubblico come nel privato, ma con delle eccezioni. Un esempio? Gli impieghi attinenti alla difesa militare dello Stato. Infatti l’accesso a questo ambito ha richiesto più tempo e numerosi step legislativi.
Come ricordato sul portale della Difesa, il via libera è arrivato solo 21 anni fa, nel 2000. La legge che ha permesso il reclutamento femminile risale infatti, per la precisione, al 20 ottobre del 1999 (n. 380). Così il nostro Paese si è allineato a quella che era già una prassi consolidata negli altri Stati della Nato.
Da quando le donne possono arruolarsi nell’esercito
Per raggiungere quel traguardo, però, il cammino è stato lungo e accidentato. Già negli anni Sessanta si era infatti iniziata a valutare l’ipotesi di aprire anche alle donne le porte delle caserme dell’Esercito, dell’Aeronautica, della Marina e dell’Arma dei Carabinieri, con una proposta di legge ad hoc.
Mentre la macchina legislativa cominciava lentamente a muoversi, la società civile faceva sentire la sua voce e richiedeva una completa emancipazione della donna e del suo ruolo in tutti gli ambiti che fino ad allora erano ad appannaggio esclusivo dei colleghi. Partendo da questa consapevolezza collettiva, si è arrivati all’istituzione del servizio militare volontario femminile. Una vittoria? Quasi, perché l’Italia detiene il triste primato di essere stato l’ultimo Paese della Nato ad aver consentito l’ingresso delle donne nelle Forze armate.
Le prime donne soldato italiane
Anni prima della svolta verso la parità, nel 1992, c’era stata una timida anticipazione con il progetto “donne soldato”, presso la caserma dei “Lancieri di Montebello” a Roma: a 29 ragazze fu infatti consentito di svolgere per 36 ore le normali attività di addestramento. In seguito, nel 1995, era nata nella capitale l’Associazione Nazionale Aspiranti Donne Soldato guidata dalla presidente Debora Corbi. Una realtà associativa che fin da subito si spese per accelerare i processi legislativi e che diede voce a moltissime aspiranti soldatesse, desiderose di servire il Paese.
Come entrare nell’esercito femminile italiano
Come ricordato sul portale della Difesa, da quando è entrato in vigore, il modello di reclutamento italiano si è subito distinto per essere tra i più avanzati, poiché non prevede preclusioni di incarichi e ammette le donne in tutti i ruoli, con l’arruolamento di allieve ufficiali e sottufficiali dei corsi normali, tenuti dagli istituti di formazione militare; di ufficiali a nomina diretta, reclutati attraverso concorsi per laureati, e di militari di truppa.
Le tappe della carriera militare ora sono quindi identiche sia per gli uomini che per le donne. Si può accedere all’Esercito, come all’Aeronautica, alla Marina e ai Carabinieri attraverso le accademie militari partecipando ai bandi che di volta in volta il ministero della Difesa pubblica.
I requisiti base per la selezione sono: aver compiuto 17 anni, fare domanda entro il 22esimo anno di età ed essere in possesso di un diploma di maturità.
I posti sono spesso limitati e vincolati al superamento di esami scritti e orali, di test psicoattitudinali e di prove atletiche impegnative. In alternativa, si può scegliere l’iter generale: quello del Volontario in Ferma Prefissata (VFP), con percorsi di uno e quattro anni. Si tratta molto spesso della via d’accesso principale alle carriere iniziali nelle Forze Armate.
Cosa si fa quando si è nell’esercito femminile
Stando a quanto riportato sul sito della Camera, la formazione e l’addestramento di uomini e donne sono uguali, poiché entrambe le categorie frequentano gli stessi istituti e gli stessi corsi.
Ciò vale anche per gli incarichi. Come la controparte maschile, anche le soldatesse sono chiamate a svolgere la loro attività in Italia e oltreconfine, nei diversi corpi e specialità: possono essere, ad esempio, piloti di aerei, elicotteri e carri armati. Possono essere impiegate nelle missioni all’estero, come è avvenuto nei fronti caldi dell’Afghanistan e dell’Iraq. Sul campo svolgono perquisizioni, acquisiscono informazioni e comunicano con i nativi.
Inoltre, la risoluzione 1325 dell’Onu spinge alla partecipazione delle donne nei contesti dove è fondamentale garantire pace e sicurezza.
Quante donne ci sono nell’esercito italiano
Secondo il portale della Difesa, l’adesione significativa ai primi concorsi nelle accademie con l’accesso libero nel 2000 aveva mostrato fin da subito che il fenomeno era numericamente importante:
- L’Accademia Militare di Modena aveva ricevuto 22.692 domande, di cui il 54,91% da parte di donne (295 posti a disposizione);
- L’Accademia Navale di Livorno aveva ricevuto 7.444 domande, di cui il 57,04% da donne (per 155 posti);
- L’Accademia Aeronautica di Pozzuoli aveva ricevuto 12.546 domande; la percentuale delle concorrenti era del 50,84% (per 136 posti).
Se nel 2010 le soldatesse italiane toccavano quota 10.551, di fatto oggi sono presenti due generazioni di donne, per un totale che sfiora le 17mila persone, circa il 6,3% dell’intero organico militare.
Percentuali ancora basse, che non rispecchiano la composizione della società e che mostrano come molta strada sia ancora da fare, in termini di inclusione e parità di genere.