Economia sommersa: la situazione delle donne

Economia sommersa: la situazione delle donne

Un problema complesso anche in Italia

le donne e il lavoro sommerso

L’economia sommersa è uno dei problemi principali del nostro Paese. Secondo le stime effettuate dall’Istat, nel 2021 il valore di questo “settore” ha toccato i 174 miliardi di euro, senza considerare le attività illegali (18 miliardi). Le unità di lavoro irregolari erano 2 milioni e 990mila.

Economia sommersa, tra irregolarità e lavoro non retribuito

Donne ed economia sommersa

Ma cosa si intende con “economia sommersa”? Secondo il dizionario Treccani, questa espressione indica “qualsiasi attività economica avente la caratteristica di sfuggire all’osservazione statistica”. Nella pratica si tratta di tutte quelle attività, che vanno dal lavoro e affitti in nero fino allo scambio di beni e servizi senza fatturazione, passando per i lavori domestici e perfino criminali. In sostanza, tutto ciò che pur generando valore economico non è rintracciabile.

Economia sommersa e lavoro nero vanno dunque di pari passo. Addirittura, in Europa è necessario inserire all’interno del calcolo del Pil dei singoli Stati le stime di tre attività illegali:

  • prostituzione,
  • produzione
  • commercio di stupefacenti, contrabbando di sigarette.

L’Italia considera anche affitti non dichiarati e fatturati falsi. Il tutto senza contare l’impatto del lavoro non retribuito, ovvero quelle prestazioni che non prevedono un corrispettivo in denaro. Per esempio, è il caso di chi opera a titolo volontario oppure di chi si offre come stagista senza stipendio per imparare i segreti di un mestiere.

Donne ed economia: le criticità

L’Italia è anche alle prese con un ampio problema legato al rapporto fra donne ed economia: il divario retributivo di genere è infatti un tema delicato, che evidenzia una differenza nel panorama retributivo a parità di lavoro e funzioni svolte.

Va però detto che il nostro Paese si colloca abbastanza in basso nella classifica europea: la media è infatti del 5% in termini di discrepanza, la quintultima in area Ue, inferiore all’incirca di 8 punti percentuali rispetto alla media continentale.
A questo proposito, a sostenere l’impegno per la parità di genere sul lavoro sono arrivati i Fondi di coesione dall’Europa, che nel periodo 2014-2020 hanno portato in Italia quasi 490 milioni di euro, con la finalità di ridurre la disoccupazione femminile, un altro degli aspetti cruciali per cercare di arginare le differenze. Un’attenzione, quella verso la parità di genere, che si rafforza anche nel ciclo 2021-2027.

Donne e lavoro nero, la situazione in Italia

Il lavoro nero femminile in Italia

Ma per capire come diminuire la disoccupazione femminile in Italia è necessario, prima di tutto, affrontare il tema delle donne e del lavoro in nero: è il caso, per esempio, di chi si occupa di mansioni domestiche, che troppo spesso vanno ad arricchire l’economia sommersa.

Secondo un Rapporto sullo sfruttamento delle donne, va segnalata l’esistenza di un bacino femminile di “sfruttamento strutturale”. Il 70% dei lavori domestici e di cura è svolto da migranti (soprattutto donne), in un settore che, secondo le stime dell’Istat, presenta un tasso di irregolarità del 57%.

Il Rapporto si sofferma anche sui numeri relativi allo sfruttamento sessuale, con un business che, stando ai dati dell’Istituto di ricerca relativi all’anno 2021, varrebbe ben 4,7 miliardi di euro: per avere un riferimento, è il doppio del valore dell’intero settore alberghiero.

È dunque fondamentale fare di più, a livello istituzionale, culturale e sociale, per evitare che le donne rappresentino la categoria più sfruttata sui posti di lavoro e in termini di retribuzione, dando loro finalmente la giusta dignità, evitando la trappola dell’economia in nero.