Gender Gap 2021, l’Italia, fanalino di coda, subisce le conseguenze del Covid

L’impatto della pandemia sul lavoro delle donne e sulla parità di genere

L'impatto della pandemia di Covid-19 sul Gender Gap

La pandemia di Covid-19 ha peggiorato la situazione di moltissime persone, colpendo soprattutto le fasce della popolazione meno tutelate, che spesso incontrano ancora ostacoli dal punto di vista sociale e culturale.

Tra i fenomeni che si sono verificati nell’ultimo anno si registra, purtroppo, anche l’acuirsi del Gender Gap tra uomini e donne, in termini salariali e non solo. È quanto emerso nell’ultimo rapporto stilato dal World Economic Forum sulle diseguaglianze di genere, il quale fornisce una prospettiva dettagliata su tutti i Paesi del mondo basata sui dati relativi a quattro macroaree: politica, economia, lavoro e salute.

In particolare si allungano i tempi stimati per arrivare a una condizione di parità a livello globale: ci vorranno 135,6 anni, mentre nella precedente edizione si prevedeva di raggiungere il traguardo fra 99,5 anni. Ancora più critica la dimensione economica: qui saranno necessari 267,6 anni per colmare il divario di genere.

Dati che certamente preoccupano anche nel nostro Paese: nonostante il miglioramento ottenuto in questo ambito nell’ultimo anno, la strada da fare è ancora lunga. Il prezzo che le donne pagano in termini di disparità salariale è enorme: questo il fulcro della nostra campagna lanciata in occasione dell’8 marzo che ha come obiettivo quello di dimostrare come, da un lato i dati parlino chiaro (secondo l’Eurostat, il Gender overall earnings gap è pari al 43.7%) e dall’altra come ci sia ancora tanto da fare.

Gender Gap 2021: la situazione in Italia

Il gender gap in Italia

L’Italia ha infatti registrato un balzo in avanti di ben 13 posizioni, passando dal 76esimo al 63esimo posto su un totale di 156 Stati. Un risultato raggiunto sulla spinta della 41esima posizione ottenuta in relazione alla partecipazione femminile in politica, anche grazie allo storico record registrato con il governo Conte II, con il 34% di donne tra ministre, viceministre e sottosegretarie.

Visto però all’interno di un contesto più ampio, il nostro rimane uno dei Paesi più penalizzanti per quanto riguarda l’affermazione delle donne. La disparità di genere è infatti molto forte in termini di partecipazione economica (114esimo posto) nonché nel campo della salute (118esimo). E, in ogni caso, il posizionamento in classifica generale, per quanto migliorato, mostra un’Italia in coda all’Europa.

Gender Pay Gap 2021 in Europa

Nel complesso il Vecchio Continente ottiene ottimi risultati, quando si parla di Gender Gap: qui il divario di genere verrà potenzialmente colmato, sempre secondo il rapporto del WEF, in “soli” 52,1 anni. Sono proprio i Paesi europei, in particolare quelli del Nord, a occupare stabilmente le prime posizioni della classifica .

Nello specifico il Global Gender Gap Index 2021 vede Islanda, Finlandia e Norvegia nei primi tre posti, con Svezia, Lituania, Irlanda, Svizzera, Germania e Spagna poco dietro. Dati che quindi mettono in secondo piano i miglioramenti avvenuti in Italia.

Certo, anche nel Vecchio Continente rimangono dei nodi da sciogliere: secondo quanto riportato sul portale della Commissione Europea, il Gender Pay Gap (ovvero il divario di genere nei salari) è pari al 14,1%, sostanzialmente stabile da un decennio. Ciò significa che in genere le donne guadagnano il 14,1% in meno per ogni ora lavorata rispetto ai colleghi maschi.

Donne e lavoro: l’impatto del Covid-19

Donne e lavoro al tempo del Covid

Ma cos’è successo nell’ultimo anno sul fronte dell’occupazione femminile? Il Covid ha accresciuto il Gender Gap: la pandemia ha infatti colpito duramente soprattutto le donne o, meglio, quei settori prevalentemente occupati da lavoratrici. Basti pensare ai servizi, al turismo e alla ristorazione, tra i comparti che hanno risentito in misura maggiore delle chiusure al pubblico. Parallelamente, la necessità di maggiori cure in ambito domestico, specialmente verso i figli a casa da scuola, è pesata soprattutto sulle spalle delle donne, che più spesso degli uomini hanno perso il lavoro.

Ciò va a peggiorare una situazione che risultava negativa ancora prima dell’emergenza sanitaria, con un basso tasso di occupazione (in Italia lavora meno di una donna su due), un’alta percentuale di contratti part time (49,8%) e una forte differenza salariale (stimata nel 5,6% dal WEF). A ciò si aggiunge poi la risicata presenza femminile in posizioni manageriali, nonché in professioni afferenti alle STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), le discipline scientifico-tecnologiche.

Le strategie che il Governo sembra voler mettere in campo in questo senso, come dichiarato anche dal Ministro del Lavoro Andrea Orlando, puntano sull’incentivare i percorsi di studio che vanno nella direzione della più alta occupabilità. Una prospettiva che guarda in particolare alla trasformazione ecologica e ambientale, a cui saranno destinati il 57% degli investimenti del Recovery Fund.

Insomma, la strada da percorrere è ancora lunga e la recente pandemia ha acuito un problema cronico della nostra società. Risolverlo richiederà impegno e responsabilità da parte di tutti.