Giornata internazionale dell’educazione

Il 24 gennaio diventa l’occasione per riflettere sul diritto allo studio

giornata internazionale dell’educazione

Il diritto allo studio è riportato nell’articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: “Ogni individuo ha diritto all’istruzione”.

La Dichiarazione fu sottoscritta nel 1948 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite per definire le libertà e i diritti sociali posseduti da ogni essere umano fin dalla nascita.

L’articolo 26 sottolinea come l’istruzione debba essere gratuita e obbligatoria almeno per quanto riguarda le classi elementari e ribadisce che le classi medie e superiori devono poter essere accessibili a chiunque.

Lo studio non è solo acquisizione di conoscenze specifiche o tecniche, ma è anche apprendimento di valori quali la tolleranza, la comprensione e la pace, fondamentali per diventare cittadini del mondo.

Studiare è dunque un diritto fondamentale che, però, non viene sempre rispettato. Non mancano infatti le criticità, le diseguaglianze e i problemi ancora da risolvere: secondo le stime delle Nazioni Unite, globalmente sono circa 265 milioni i ragazzi che non vanno a scuola. Questo dato riguarda soprattutto i Paesi del terzo mondo.

Per gettare luce sull’emergenza, il 24 gennaio è stata istituita la Giornata internazionale dell’educazione, tenutasi per la prima volta nel 2020 e proclamata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

Si tratta di un’occasione importante per sensibilizzare un pubblico più ampio sul tema del diritto all’istruzione, compreso tra i diritti minorili, oltre che un invito all’azione in ambito politico e alla celebrazione dei risultati raggiunti fino ad ora dall’alfabetizzazione.

L’obiettivo è riaffermare, ancora una volta, il ruolo fondamentale della scuola all’interno del tessuto sociale, come strumento essenziale per migliorare la propria condizione e per poter inseguire i propri sogni.

Diritto all’istruzione dei bambini: i numeri della scolarizzazione nel mondo

L’istruzione dei bambini nel mondo

Stando ai dati delle Nazioni Unite, nel mondo sono 617 milioni i ragazzi analfabeti, incapaci di leggere, scrivere e svolgere le operazioni base della matematica. Secondo l’Unicef, inoltre, a livello mondiale nelle famiglie più povere un adolescente su tre non ha mai avuto la possibilità di frequentare la scuola.

Un punto cruciale è quindi il gap socio-economico: un recente report dell’Unicef – “Addressing the learning crisis: an urgent need to better finance education for the poorest children” (Affrontare la crisi educativa: l’urgente bisogno di finanziare meglio l’istruzione dei bambini più poveri) – ha analizzato le condizioni di accessibilità allo studio in 42 Stati nel mondo. Dal report è emerso che le risorse destinate all’educazione degli alunni appartenenti alle famiglie più povere sono la metà rispetto a quelle riservate ai più ricchi.

Una ripartizione più equa si registra solo nelle Barbados, in Danimarca, in Irlanda, in Norvegia e in Svezia. In generale, il divario è ridotto nei Paesi ad alto reddito, mentre risulta maggiore in quelli più poveri (in particolare in Guinea, in Senegal e in Camerun): qui i fondi per gli studenti più ricchi sono quattro volte di più rispetto a quelli indirizzati ai meno abbienti.

Le conseguenze sono una minore frequenza delle lezioni, scarsa qualità dell’apprendimento e infrastrutture con materiali scolastici insufficienti.

Chi è escluso dalla scuola ha meno opportunità lavorative e di miglioramento sociale e questo fa sì che molte persone rimangano in uno stato di povertà senza uscita.

L’istruzione in Italia: il problema dell’abbandono scolastico

In Italia il problema principale è quello legato all’abbandono scolastico. Secondo quando riportato sul portale dell’Asnor (Associazione Nazionale Orientatori), nel 2017 il tasso di abbandoni precoci (ovvero il numero di giovani sotto i 25 anni che non sono andati oltre la terza media) ha raggiunto il 14,5%. Un dato preoccupante, soprattutto se confrontato con gli altri Stati Europei, dove la media non supera il 10,6%. Il nostro Paese precede solamente Turchia, Islanda, Spagna e Malta.

In Italia il fenomeno colpisce in particolare i più poveri – che hanno meno possibilità di migliorare le loro condizione sociale – e gli stranieri, soprattutto se sono nati all’estero (in quanto devono apprendere, oltre alle altre materie, anche una nuova lingua, diversa da quella materna).

Il danno alla collettività è enorme, anche dal punto di vista economico: si stima che il costo che deve sostenere lo Stato per ogni ragazzo che abbandona la scuola precocemente è compreso tra uno e due milioni di euro. Un esempio del motivo? Le persone meno istruite fanno più fatica a trovare un’occupazione e quindi diminuiscono gli introiti statali provenienti delle tasse dei lavoratori e aumentano i costi del welfare sociale per gli aiuti agli inoccupati.

Le iniziative per favorire l’educazione

Sono tante le iniziative in Italia pensate per scoraggiare l’abbandono della scuola e per favorire l’istruzione: tra queste, c’è il progetto L’arcipelago educativo, promosso da Save The Children. L’obiettivo è supportare i ragazzi nell’apprendimento durante la chiusura estiva delle scuole, un periodo complesso per i minori più vulnerabili, in condizione di privazione materiale e culturale.

L’Unicef promuove inoltre il progetto Lost in Translation, sostenuto dall’impresa sociale Con i Bambini, nell’ambito della lotta contro la povertà educativa minorile, che in Italia coinvolge circa 4.500 tra ragazzi e ragazze.

Il diritto allo studio ai tempi del Covid-19

La scuola e il Covid-19

L’importanza dell’educazione è emersa con forza in questi mesi, segnati dalla pandemia di Covid-19. Sempre secondo i dati di Save the Children, durante il primo lockdown 1,6 miliardi di bambini e ragazzi nel mondo non hanno potuto frequentare regolarmente i corsi in aula. Un problema soprattutto per i più piccoli: l’infanzia è un’età cruciale per l’apprendimento delle nozioni di base e per acquisire un metodo di studio valido per tutta la vita e per questo è fondamentale la vicinanza e il supporto costante degli insegnanti.

I Paesi maggiormente colpiti sono, ancora una volta, quelli più vulnerabili. Negli Stati a basso o medio reddito i ragazzi più poveri hanno perso in media quattro mesi di lezione, contro le sei settimane in quelli più ricchi, perché le famiglie meno abbienti non possono mettere a loro disposizione i supporti tecnologici necessari per seguire le lezioni a distanza, o perché non dispongono di una rete wi-fi. Si è di fronte ad un’emergenza educativa, oltre che sanitaria ed economica.

L’allarme riguarda il prossimo futuro: a causa di budget limitati e tagli crescenti all’istruzione, si stima che globalmente possano essere 9,7 milioni gli alunni costretti a lasciare per sempre la scuola.

La Giornata internazionale dell’educazione, così come le molte iniziative sul tema, rappresenta quindi un’occasione per riflettere sul diritto allo studio, un argomento talvolta sottovalutato ma essenziale per l’evoluzione delle società, perché aiuta a far crescere generazioni di adulti più consapevoli, dotati di senso critico e con maggiori possibilità lavorative.