A soli 43 anni è stata inserita nelle 100 donne di successo di Forbes. E a guidarla, nella vita e nel lavoro, è una frase tratta da Guerra e Pace.
Il segreto per una carriera di successo? Capacità di leadership, altruismo e, perché no, anche un pizzico di letteratura.
“C’è una citazione che accompagna la mia vita lavorativa e privata: è tratta da Guerra e pace di Lev Tolstoj: Non c’è alcuna grandezza là dove non vi sono la semplicità, il bene e la verità” spiega Giovanna Adelizzi, sintetizzando così la formula che, nonostante la giovane età – ha infatti solo 44 anni – le ha già portato molto fortuna. A luglio dello scorso anno ha lasciato il ruolo di direttore generale in Sakura Italia per lanciare una sua start-up nell’ambito dell’alta cosmesi, incentrata su Ricerca & Sviluppo e su formule studiate da lei stessa: si chiama Luce di Sorrento, in onore alla sua terra natale, e la definisce “un progetto fatto dalle donne per le donne”. La presentazione doveva avvenire ad aprile, durante la fiera Esxence di Milano, uno degli appuntamenti di punta per il settore, poi rimandata a causa dell’emergenza Coronavirus. Un contrattempo più che un problema, per Adelizzi. “Anche questo può trasformarsi in un momento favorevole: ho più tempo per prepararmi, per studiare il mercato, per un lancio della mia nuova attività che sia più mirato” racconta. “E il mio prodotto non potrà che avere anche uno sfondo sociale: parte del ricavato sarà destinato ai progetti di ricerca contro questo virus”. La conferma che, per una imprenditrice lungimirante, anche un momento di crisi può trasformarsi in opportunità. Opportunità che Giovanna ha già dimostrato di saper cogliere.
Lo scorso anno lei ha vinto il Premio Women Value Company di Intesa Sanpaolo ed è stata inserita nelle 100 donne di successo di Forbes. Quali pensa siano le caratteristiche che le hanno permesso di raggiungere questi traguardi?
Il mio stile è legato all’apertura del cuore e all’altruismo, alla voglia di metter al centro la persona. Ma attenzione: essere generosi con il proprio team non vuol dire in automatico essere sempre disponibili. Occorre anche saper dire di no oppure “adesso non posso”, aiutando la persona a crescere senza creare una sorta di dipendenza dal capo. Molto spesso nel lavoro tendiamo a sottovalutare il potere di questo tipo di altruismo aziendale, invece è così che si rende la propria organizzazione migliore. Quanto più il capo si rende disponibile a delegare e condividere il proprio sapere, ponendosi come una guida, tanto migliori sono i risultati dell’azienda: nello specifico, maggiori profitti, soddisfazione del cliente e basso turnover.
Una visione che le ha permesso di ottenere un riconoscimento di assoluto primo piano.
Tutto è partito quando sono stata selezionata da Intesa San Paolo come direttore generale di una piccola impresa sotto i 10 milioni di euro cresciuta in termini di risultati e visibilità nel corso degli anni. Del reale valore del premio mi sono accorta solo al momento della cerimonia, quando ho scoperto che le altre donne premiate erano dei veri e propri colossi del mondo produttivo e molto più adulte di me. Mi fa piacere anche essere il simbolo che in Italia certi traguardi si possono raggiungere a 40 anni, nonostante l’età media dei vertici aziendali sia di norma molto più alta.
Ma cosa significa per lei avere successo?
Non si tratta mai di un traguardo personale, ma sempre del frutto di un lavoro di squadra. Io ho potuto ritirare quel premio perché potevo contare su un gruppo di donne che ha lavorato bene e che ha mi ha accompagnato in tutto il percorso. Si trattava di ragazze attorno ai 30 anni di età, molto preparate, di grande disponibilità e con cui abbiamo sperimentato diverse forme di lavoro: smart working, flessibilità oraria, part time, per venire incontro a esigenze diverse.
Queste modalità hanno funzionato?
A mio parere sì: ho notato una performance superiore e più attaccamento al lavoro. Ma in generale penso che se una persona lavora da casa, in ufficio o a obiettivo cambi poco: a fare la differenza è la capacità di creare un gruppo affiatato. E io credo di esserci riuscita, a giudicare dai messaggi commoventi che mi sono arrivati quando ho deciso di lasciare Sakura per la mia avventura personale.
Il fattore umano è quindi importante.
Più che importante, è determinante. Un’azienda è prima di tutto fatta di persone, ma forse troppo spesso i vertici non le trattano come tali. Non deve mai mancare l’umanità. E c’è di più: io credo che un leader non cambi poi troppo in ambito personale e lavorativo. Si tende a voler essere due persone diverse, a distinguere i ruoli: penso, invece, che si debba rimanere sempre se stessi in qualunque ambiente e che i valori in cui si crede vadano trasferiti anche in azienda.
Secondo lei è ancora difficile per una donna fare carriera?
Senza dubbio. Purtroppo l’Italia rimane un Paese maschilista per la sua incapacità di utilizzare il talento e l’energia femminile: ancora oggi le donne incontrano troppi ostacoli nel mondo del lavoro. Bisognerebbe incoraggiare l’occupazione femminile con una politica attiva per le aziende attraverso incentivi fiscali per chi assume part-time o concedere smart working e flessibilità oraria e garantire asili nidi aziendali. Inoltre, ci vorrebbe anche un cambio di mentalità e una rivoluzione culturale per quanto riguarda il tema delle molestie sessuali e degli abusi sui luoghi di lavoro. Si tratta di un fenomeno che è ancora molto presente nelle realtà aziendali e ostacola gravemente l’ingresso e la permanenza delle donne nel mondo del lavoro.
Lei però è un esempio positivo…
Ho avuto la fortuna di iniziare a lavorare nella precedente azienda quando era ancora una start-up e di trovare un proprietario che mi ha concesso lo smart working e la flessibilità oraria: senza, probabilmente, non ce l’avrei fatta, anche perché ho una figlia che all’epoca era piccola. Ma non è stato tutto rose e fiori: mi sono presa una grande responsabilità e per i primi dieci anni ho lavorato sette giorni su sette. Un sacrificio che ho fatto spinta dalla grande passione e della convinzione di fare una cosa importante prima di tutto per me stessa. Imparando anche lezioni importanti.
Per esempio?
Che non bisogna puntare ai soldi, ma investire sulla passione, credere nelle cose che fai. I soldi sono la conseguenza: quando tu credi a qualcosa i risultati, anche economici, arrivano.
L’attività di Ricerca e Sviluppo è fondamentale per la sua professione. Come valuta lo stato delle cose a livello nazionale?
Credo che sia assolutamente necessario scongiurare l’invecchiamento culturale, tecnico e scientifico all’interno della propria azienda. Il livello di investimenti in Ricerca e Sviluppo in Italia è ancora inferiore a quello degli altri Paesi dell’UE. Sebbene la spesa per R&S delle imprese sia in aumento negli ultimi anni (nel 2018 ha raggiunto lo 0,86 % del PIL), il livello rimane nettamente al di sotto della media dell’Ue, che arriva all’1,41 %, secondo i dati diffusi dalla Commissione europea. Dal 2017 gran parte della crescita della R&S è attribuibile all’attività di nuove imprese che investono in questo campo. Proprio come nel caso della mia start-up.
All’atto pratico, questo cosa significa?
Io ho una formazione da tecnologo alimentare e so che la componente scientifica ha dato successo all’azienda in cui ho lavorato e lo farà in questa mia nuova avventura. È un’impostazione mentale: guardi i dati del mercato e cerchi di innovare e migliorare quello che è già presente, trovando il punto di equilibrio tra scienza ed economia. Questo è un punto chiave: in Italia, infatti, si fa tanta ricerca scientifica, ma poi manca l’osmosi con il mondo dell’impresa. Senza un collegamento al mercato, la ricerca è fine a se stessa.
La sua azienda si occupa di alta cosmesi, un tema molto vicino alla quotidianità delle donne. Quali trend vede in questo settore?
Le ultime ricerche hanno evidenziato come quasi il 60% delle donne in Italia sia convinto che l’efficacia dei prodotti cosmetici sia fortemente legata alla ricerca scientifica. Le donne, oltre a essere attente ai prodotti naturali e green, vedono nella Ricerca un connubio perfetto tra natura e scienza, in grado di garantire soluzioni cosmetiche sempre più performanti. Da evidenziare anche come, da un lato, sia aumentata la domanda di prodotti biologici e naturali (circa il 20% del mercato), mentre dall’altro stia prendendo sempre più piede la richiesta di prodotti con un’alta concentrazione di principi bio-attivi fortemente legati alla ricerca scientifica (circa l’80%). Insomma, anche in questo campo le donne si rivelano sempre più consapevoli.