Intervista a Flavia Fabris, Co-founder, R&D and Operation Director di Amajor

E se l’Italia avesse trovato il modo per proporre un nuovo modello di business? Con la Legge di Stabilità del 2016, nel nostro Paese si sono diffuse sempre di più le società benefit che possono rappresentare un innovativo esempio di imprenditoria virtuosa. Ma qual è il loro effettivo impatto sull’economia e l’imprenditoria? L’abbiamo chiesto a Flavia Fabris, Co-founder, R&D and Operation Director di Amajor

Cosa è una società benefit e come può fare la differenza nel mondo del lavoro?

Le Società Benefit sono l’evoluzione del concetto di azienda. Mentre lo scopo delle imprese tradizionali è la distribuzione di utili, una Società Benefit include tra i suoi obiettivi anche la creazione di un impatto positivo sulla società e sull’ambiente.

Per me ed Eros, il mio socio, scegliere di fondare la propria azienda come una Società Benefit è stato sin dall’inizio il modo per manifestare la nostra volontà e il nostro impegno pubblico nella creazione di valore condiviso e cercare di fare impresa in modo etico. La ricerca costante del beneficio comune è parte integrante della natura di Amajor e guida tutte le nostre scelte, dalla strategia alla selezione dei collaboratori.

La nostra missione è migliorare il mondo imprenditoriale aiutando gli imprenditori e le loro aziende a svilupparsi in maniera sana, stabile, sostenibile e inclusiva.

Crediamo profondamente che il business possa essere la più importante forza di cambiamento per la nostra società. Per questo è necessario che ogni Persona si impegni in questo senso.

Le imprese, in quanto aggregazioni di Persone, sono delle vere e proprie entità sociali, dove le Persone devono realizzarsi e nel realizzarsi aiutano l’azienda stessa in un circolo virtuoso di vera sostenibilità (noi lo chiamiamo auto-sostentamento).

È così che le Aziende diventano protagoniste del processo di trasformazione guidando la società in una crescita positiva. Questo è il nostro sogno. Questi sono i valori che alimentano Amajor ogni giorno.

Per le lavoratrici trovare il giusto equilibrio fra attività lavorativa e vita privata è una vera sfida: un sistema di welfare aziendale può offrire una concreta opportunità per aiutarle e ridurre anche il gender gap?

Sì ma in parte, il welfare può aiutare a ridurre il gender gap, ma non è sufficiente. Serve una cultura imprenditoriale che comprenda il fatto che l’azienda raggiunge i risultati migliori nel momento in cui le persone sono in equilibrio.

È necessario chiedersi quotidianamente cosa si può fare per conciliare l’organizzazione interna e le necessità aziendali con le necessità di vita delle persone.

Un esempio? Anna una nostra collaboratrice si occupava di back office. Quando è rimasta incinta, il suo ruolo – che prima necessitava di una presenza in ufficio – è stato adattato per dedicarsi ai colloqui di selezioni anche online.

Così è stato trovato un equilibrio tra vita privata e lavoro. Non bisogna cadere nella trappola del controllo delle ore, ma focalizzarsi sui risultati.

Quali sono gli step fondamentali per creare un modello aziendale virtuoso?

Ci sono alcune fasi essenziali:

  1. Partire da noi stessi: è la nostra energia che crea. Trovare perché stiamo facendo impresa e tenerlo sempre presente pensando in grande e, una volta che hai pensato in grande, farlo ancora di più.
  2. Trovare persone e non ruoli. Devi amare il tuo gruppo, e per amarlo lo devi aver scelto sulla base di qualcosa che va oltre il ruolo o la competenza. Ruoli e competenze cambiano nel tempo, ma la vera persona no. I suoi valori non cambiano. Facendo così non si vedono limiti del gruppo, ma solo le sue potenzialità ancora inespresse.
  3. Lasciare che le persone interne all’azienda siano libere di osare, per crescere a livello personale e professionale. Così facendo, la loro realizzazione diventa la realizzazione aziendale.
  4. Difendere l’armonia del gruppo con il coraggio sia di fare significative scelte interne (es. via le mele marce) sia di considerare il cliente meno importante rispetto al gruppo di lavoro.

“Siamo l’innesco di un circolo virtuoso che crea valore per il mondo, rendendo libere le persone di esprimere sé stesse e il loro potenziale, aiutandole a realizzare i propri sogni, con il coraggio di osare verso quelli più grandi, rispettando i propri valori e quelli degli altri”. Questa è la Vision di Amajor, ma quali sono i valori di riferimento per le imprese che vogliono essere competitive sul mercato e proporre, al tempo stesso, un modello imprenditoriale responsabile?

È importante considerare “il valore dello scambio” come chiave dello sviluppo di qualsiasi cosa. A determinare il livello di competitività e di responsabilità è la qualità di ciò che scambiamo in termini di relazioni verso l’interno dell’azienda e verso il mercato; di ciò che scambiamo come prodotto e servizio; ed infine di ciò che scambiamo verso la società e l’ambiente.

La domanda quotidiana da porsi è: “Cosa sto “dando”?” e “Cosa sto “offrendo”?”. Senza pensare necessariamente a quale è il guadagno nell’immediato perché, di fatto, ciò che otterremo nel futuro sarà molto ma molto di più.

Secondo il V report di Unioncamere sull’imprenditoria femminile presentato a luglio 2022, in Italia le imprese femminili sono 1 milione e 342 mila, pari al 22% di un totale di 6 milioni di imprese attive sul territorio nazionale. La presenza femminile in ruoli di leadership ha un impatto anche sulle scelte per migliorare il benessere aziendale?

No, è non può essere così. Il benessere aziendale deve essere aiutato e supportato non soltanto perché c’è una donna. Anche l’uomo deve creare un impatto positivo.

Se consideriamo che solo la donna può portare benessere in azienda, di fatto riproponiamo lo stesso modello disfunzionale. Da questo punto di vista, la parità di genere rappresenta un ulteriore valore aggiunto. Come sperimentiamo ogni giorno in Amajor.