Intervista a Giulia Biondi, Dottoressa e creatrice del metodo Bilanciamo®

Intervista a Giulia Biondi

Sui social sfato i miti sul cibo e insegno alle persone come mangiare in modo sano e consapevole”. Così Giulia Biondi, dottoressa in Biologia della nutrizione e creatrice del metodo Bilanciamo®, ci racconta la sua storia e la sua missione dopo la partecipazione all’ultima edizione di TedXCortina

Sei laureata in Biologia della Nutrizione con doppia specializzazione, hai venduto oltre un milione di copie con i tuoi tre best-seller e su Instagram hai un vero esercito di follower: perché hai scelto di trasformare la tua passione per l’alimentazione in un progetto di divulgazione?

É la domanda che mi fanno in molti anche perché oramai, arrivata a più di 200.000 follower su Instagram e altri  200.000 su TikTok, potrei fare diete a tantissima gente e guadagnare anche moltissimo. Invece? Non faccio diete, ma insegno a mangiare facendo divulgazione.

La mia è stata una scelta professionale voluta, molto diversa rispetto al comune professionista nel campo della nutrizione. Come nasce tutto ciò? Mentre studiavo all’università (15 anni fa) e facevo tirocinio mi chiedevo: “Ma se falliscono per il 95%, perché ancora sviluppiamo diete per perdere peso, soprattutto quando poi ci riferiamo a persone che non hanno patologie?  Ancora non lo comprende nessuno che così non si risolve nulla e tutto ciò va avanti da anni?”.

Diamo a quella persona uno schema – con lo scopo di perdere peso – che dovrà seguire senza capire il perché, il come, il quando delle cose. E fino a che ci sarà la motivazione e quella persona vorrà perdere peso, seguirà lo schema alimentare. Dopodiché una volta finita la motivazione, quello schema alimentare verrà abbandonato e si passerà alla prossima dieta, quando tutti i chili persi verranno ripresi. Perché fare un lavoro destinato già a fallire per il 95% delle volte?

Tutto ciò non mi ha mai molto entusiasmato e, sinceramente, ho capito che forse c’era qualcosa che non funzionava all’interno del “sistema diete”. Bisogna insegnare a mangiare e impartire le basi della nutrizione alle persone per far sì che, attraverso la conoscenza, possano modificare il loro buon senso e agire di conseguenza, costruendo in modo libero ed autosufficiente delle sane abitudini che rispecchino il loro stile di vita.

Siccome purtroppo questa materia ci è stata negata all’interno dei programmi didattici scolastici (ma dovrebbe essere al pari della matematica, della geografia, dell’italiano in quanto mangiare è un gesto quotidiano per la sopravvivenza e la salute), è normale che ci sia questa lacuna culturale così importante.

Ho scelto quindi di insegnare alimentazione alle persone perché possano vivere il cibo con gli occhi di chi lo conosce, lo apprezza e lo sceglie per il proprio benessere e non perché deve essere controllato e dipendere da un nutrizionista a vita. Anche perché, alla fine dei conti, mangiare è un gesto naturale e per questo, anche molto semplice da applicare. Basta solamente un po’ di impegno come per ogni cosa.

Sui social sfati i falsi miti legati al cibo e spieghi come vivere una vita sana senza rinunce: gli italiani sono pazzi per il cibo, ma non hanno cultura alimentare?

Esattamente. Non avendo una base di conoscenza rispetto alla nutrizione, le persone sono destinate a cadere molto spesso in falsi miti e teorie fini a se stesse.

Su questo gioca tantissimo il business che ruota attorno ai prodotti miracolosi, alle diete del momento, all’alimento che ti farà perdere peso e ti toglierà la fame. Dopo aver provato di tutto e di più, le persone sono ormai sempre più disperate e il “Fuffa” marketing gioca sulle loro inconsapevolezze e speranze.

Se tutti avessero imparato a mangiare, come hanno imparato a guidare una macchina o a parlare l’inglese, tutto questo non esisterebbe e il cibo non sarebbe un problema.

Diete, mode alimentari e integratori hanno un enorme spazio sui social, perché funzionano così tanto? Servono per farci sentire meno in colpa quando pecchiamo di gola o sono soluzioni “facili” per evitare la fatica?

La parola magica è proprio “il senso di colpa”. Purtroppo è proprio questo l’elemento tossico. Il senso di colpa che la cultura della dieta ha instillato in noi quando mangiamo. Questa angoscia di ingrassare per un biscotto o per un pezzo di pizza o per un cioccolatino con zuccheri e grassi.

Definire il cibo con accezioni negative o chiamarlo  “sgarro” è il loro modo per venderti soluzioni per aiutarti, proponendoti il rimedio per farti vivere “felice”, senza sensi di colpa, facendoti pagare fior di quattrini per integratori e prodotti inutili.

Spesso la comunicazione legata al cibo è rivolta alle donne: gli stereotipi le vogliono tutte “cuoche provette” e anche sempre in lotta con la bilancia. Da dove deriva questa narrazione e, soprattutto, c’è modo di cambiarla?

Per spiegare da dove inizia tutto questo non basterebbe il tempo di una lezione universitaria. Sicuramente, ad oggi, tutto viene alimentato da una bramosa fame di like e visibilità sui social. Gli stessi “professionisti” che, invece di fare una corretta divulgazione, puntano su ricette e ricettine per” far mangiare sano” e tenersi in forma (ovviamente loro stessi sono testimonial con il loro corpo perfetto sulla loro pagina, o di prima e dopo di corpi mezzi nudi in tutte le angolazioni, per far capire che funziona veramente mangiare in quel modo e vendendo prodotti con codice sconto).

Tutto questo, invece, porta solamente ad una snaturata visione della nutrizione, perché non viviamo di albume d’uovo, yogurt greco, avena aromatizzata e spalmabili proteiche. Le linee guida della sana alimentazione ci danno importanti indicazioni e spiegano che si può mangiare tutto, anche un pezzo di ciambellone o un cornetto a colazione e che non ci sono alimenti sani e non sani. 

Non esistono ricette che fanno dimagrire e altre che fanno ingrassare, ma è il contesto di un’intera alimentazione e lo stile di vita a determinare la condizione fisica e lo stato di salute, fisico e mentale.

Questa promozione di ricette “sane” del cibo con etichette a semaforo ecc. porta solo ad una visione complicata e ortoressica, oltre che a una idealizzazione falsata del corpo perfetto da raggiungere.

È uscito questo ottobre il mio terzo libro bestseller intitolato “Le diete che ti hanno rovinato la vita“, dove racconto dettagliatamente ogni cosa, cercando di sensibilizzare il più possibile le persone, per cambiare questa malata cultura della dieta.

In due anni i disturbi alimentari sono triplicati a partire da ragazzi di 11 anni e questo è diventato un vero e proprio cancro sociale che infetta le menti, le famiglie, i social, le scuole e i posti di lavoro.

Filtri e immagini sempre perfette rimandano l’idea che un corpo bello è necessariamente magro: è vero? Ma soprattutto questa narrazione non rischia di aggravare i disturbi del comportamento alimentare già molto diffusi fra i più giovani, come anoressia e bulimia?

Essere magri è diventato un vanto. Oggi essere magri, ti rende una persona amata e bella. Se sei dimagrito ti fanno i complimenti, se invece sei ingrassato ti chiedono “ma non stai mangiando troppo?”.

Fino a che ci sarà questa celebrazione della magrezza, si andrà a rafforzare la desiderabilità della stessa, si continuerà a parlare di kg e si accentuerà lo stigma grassofobico, tutto andrà sempre peggio.

Quindi se ciò che è magro è anche bello, non chiediamoci perché i disturbi alimentari aumentino. Se per essere accettati, è necessario misurare il proprio valore in grammi e in centimetri, il futuro delle nuove generazioni sarà molto problematico.

Fra cibi “light”, “privi di grassi” e “buoni per te e per l’ambiente”: il settore del food contribuisce a creare confusione su cosa acquistare per vivere seguendo una dieta salutare? 

Senza inventare teorie e prodotti “salva ambiente”, basterebbe seguire le linee guida della sana alimentazione che sono il documento ufficiale per i consumatori italiani, nel quale ritroviamo alimenti da consumare settimanalmente nelle giuste quantità.

Queste evidenze scientifiche vengono pubblicate, dopo che centinaia di ricercatori e Studiosi hanno esaminato tutti gli studi al mondo presenti fino ad oggi, tenendo in considerazione non solo la prevenzione delle malattie ma anche la sostenibilità ambientale.

Sono gratis e consultabili da chiunque sul sito governativo del CREA, scritte in modo divulgativo, semplice e chiaro. Ma questo, forse, non crea business e quindi nessuno lo racconta.