La violenza di genere online: donne e minori nel mirino
Il fenomeno sui social colpisce aspetto fisico e diversità
Un confine sottile. È quello fra il virtuale e il reale, su cui, come funamboli in bilico, vivono quotidianamente milioni di ragazze e ragazzi della cosiddetta Generazione Z. A passare attraverso il “portale” di social e siti internet sono informazioni, immagini, in un costante rimbalzo che sempre più dà forma a un mondo ibrido, dove il corpo, paradossalmente, è tutto ciò che si possiede. E per quanto ci si racconti che “è solo online”, ogni cosa, positiva e negativa, impatta sull’unica realtà che esiste: la nostra.
È il caso della violenza online: ha abbandonato la dimensione fisica con cui è più facile intercettarla, diventando un fenomeno pervasivo difficile da sradicare. Non è, tuttavia, complicato capire dove si nasconda, considerato che si tratta di un perfetto fantoccio della violenza che si consuma nel mondo: colpisce l’aspetto fisico e, dunque, la diversità. Orientamento sessuale, identità di genere e disabilità sono i catalizzatori di una violenza che non è mai “solo online”, anche se i contorni delle reazioni agli attacchi sono il risultato della peculiarità del virtuale, in cui l’essere umano smette di essere faccia a faccia.
Disinnescare la normalizzazione
A metterli in luce una recente indagine nell’ambito di Let’s APP, learning game di Vodafone Italia implementato da ActionAid Italia. Innanzitutto, la violenza online si dimostra espressione della violenza di genere. A percepire quest’ultima nella sua gravità e conseguente sofferenza sono soprattutto le ragazze, sotto i riflettori di commenti, molestie, stalking, ma anche episodi di discriminazione.
A emergere dalle risposte degli intervistati è un altro elemento preoccupante, ovvero la mancanza di criteri e strumenti che permettano di distinguere i meccanismi in cui è il genere a dare adito agli attacchi, nonché l’assenza di una precisa consapevolezza circa i confini di quella può essere definita violenza online. Il risultato è una normalizzazione delle dinamiche che si svolgono su social e altri siti, e hanno come mira soprattutto le giovani. La declinazione sempre più evidente della violenza online come violenza di genere rende necessario recuperare la consapevolezza sulla natura della seconda.
Violenza di genere: qual è il suo significato?
Che cos’è la violenza di genere lo spiega chiaramente l’Onu: “Ogni atto di violenza sul genere che provochi un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce, la coercizione e la privazione arbitraria della libertà”. Nella stessa definizione è possibile intercettare le principali tipologie di violenza a cui è possibile essere esposti, ma lo scenario è ampio. Atti di denigrazione tra le mura dell’abitazione configurano quella che è possibile definire violenza domestica, ma anche ciò che avviene fuori ha un nome ben preciso. Emblematico lo stalking, forma di persecuzione psicologica che può anche sfociare in atti violenti.
Confini sempre più sottili
Ma se un tempo sottrarsi alla “portata” dell’aguzzino era più semplice, e l’ultima spiaggia di quest’ultimo, per arrivare alla preda, era il telefono, oggi i social network permettono di oltrepassare più facilmente confini prima invalicabili, e far sopravvivere lo stalking in un mondo che, volenti o nolenti, è onlife. E se la domanda più ovvia, quando ci si confronta con questi temi, è quando smetteremo di prendercela con qualcuno semplicemente perché lo consideriamo più debole, viene spontaneo anche interrogarsi sulla categoria vulnerabile per eccellenza nell’ambito “vittime violenze di genere”, quella dei minori.
Il rischio di essere donne e adolescenti
Secondo un’indagine Istat, nel 2018 le vittime minorenni di stalking sono state 566. L’abuso, in generale, colpisce maschi e femmine in egual misura quando si tratta di bambini. Diverso quando a fare rima sono adolescenza e violenza: le vittime sono principalmente ragazze. Per non parlare delle violenze sessuali, salite da 666 casi nel 2016 a 792 nel 2019. Uno scenario preoccupante, in cui come un dito nella piaga lavora incessantemente la diffusione dei social network e di spazi invisibili in cui traghettano immagini pedopornografiche. Si amplia così lo spettro degli abusi fisici e psicologici in grado di confinare i giovanissimi nell’isolamento provocato da stati di paura e ansia e bloccarli all’interno di un evento traumatico che è passato inosservato agli occhi della realtà che non è connessa.
Ripensare la prevenzione nell’era di internet

Come parlare di prevenzione di violenze di genere in questo quadro? A fare da premessa è, anche questa volta, un paradosso: secondo i dati Eurostat riportati nel Bilancio di genere, il numero di donne italiane tra i 16 e i 74 anni che nel 2021 accedevano a internet quotidianamente era ancora inferiore a quello degli uomini.
Il trend è in aumento, anche se il divario nelle competenze digitali rimane elevato. Che cosa dedurne, che non sia l’immediato sospiro di sollievo per cui in questo modo ci saranno comunque meno donne vittima di violenza rispetto all’immensa quantità che internet potrebbe attirare se fosse ugualmente accessibile a tutti? Per esempio il fatto che costruire la parità di genere non significa soltanto arrivare alla livella dei diritti, ma presuppone un riconoscimento del valore intrinseco di ciascuno nella sua dignità e diversità, un valore che è inviolabile.
H3: Incontrare giovani sempre più invisibili
Fornire gli strumenti per identificare che cosa rappresenta un attacco al valore di ogni individualità, si concretizzi esso nel maschile, nel femminile o in una disabilità, è il primo passo per permettere ai giovani di dichiarare le violenze online e salvarsi dalla solitudine a cui possono condurre. Una volta dato il via a questo processo si può arrivare piano piano a sradicare il problema alla fonte, ovvero evitare che, spesso solo per ottenere maggiore visibilità e consenso, un adolescente trovi un motivo per attaccarne un altro.
È anche questo, infatti, un dato emerso dall’indagine effettuata nell’ambito di Let’s APP: gran parte dei giovani afferma di non aver fatto esperienza di violenza online, né come vittima né come autore; ma chi dichiara di averla alimentata, ha riportato al Sole 24 Ore la project manager di ActionAid Benedetta Balmaverde sul campo del progetto, lo ha fatto soprattutto per essere visto.
Per contrastare queste situazioni servono, in ultima analisi, politiche e azioni efficaci e di concerto. In questo ambito, e in senso più ampio, si inseriscono i progetti legati ai fondi di coesione a sostegno delle vittime di abusi e le iniziative in ottica comunitaria finalizzate a dare supporto a coloro che si trovano a vivere una situazione di pericolo.
Grazie a questi finanziamenti, sono stati promossi interventi verso persone in condizioni di grave esclusione sociale e il recupero di luoghi da destinare all’accoglienza e all’ascolto. In tutto, sono stati stanziati, tra il 2014 e il 2020, 37,7 milioni di euro a questo scopo, per un totale di oltre 100 interventi.
Ma, soprattutto, a poter fare la differenza nella gestione di questi fenomeni è il coraggio di incontrare i giovani a viso aperto, per accompagnarli nel percorso di ricostruzione di ciò che le generazioni prima di loro hanno dimenticato, pur vivendo essa dentro all’essere umano. La parità di genere.