Malnutrizione in Africa (e non solo): donne e bambini in maggiore difficoltà
Quali sono le iniziative per supportare i Paesi più poveri
Il nostro è un mondo fatto di forti contraddizioni: da una parte il cibo viene sprecato e dall’altra è del tutto insufficiente a garantire il fabbisogno minimo di un bambino. E i numeri, in questo senso, parlano chiaro. Stando ai dati elaborati dall’Unicef, tra i piccoli sotto i cinque anni uno su tre deve fare i conti con una condizione di grave povertà alimentare. E la situazione appare in peggioramento: lo scorso anno nei Paesi più poveri a soffrire di malnutrizione era un bambino in più ogni singolo minuto.
Alimentazione e malnutrizione
Ma che cosa si intende, più precisamente, per malnutrizione? Si tratta di una condizione patologica che si verifica quando l’organismo riceve un’alimentazione inadeguata o carente.
Una situazione che si può presentare in diverse forme: dal viso emaciato di un bambino fortemente sottopeso a quello di una donna in gravidanza che soffre di anemia e dà alla luce un neonato che, crescendo, potrebbe soffrire di ritardi nello sviluppo. Fino al volto di un ragazzo che, complice la mancanza di vitamine, perde la vista.
Se lo stato di malnutrizione è prolungato, si rischia l’indebolimento del sistema immunitario, ritardi nello sviluppo e un’elevata probabilità di morire per colpa di alcune malattie comuni durante l’infanzia. Privare i più piccoli di quelli che vengono considerati i nutrienti minimi in un periodo fondamentale come è quello dei primi anni di vita significa segnarne il futuro.
La malnutrizione nei Paesi poveri
Secondo quanto dichiarato dall’Unicef nel programma dedicato alla nutrizione, la situazione più complicata è quella che riguarda i Paesi più poveri. La malnutrizione in Africa si traduce in oltre sette milioni di bambini sotto i cinque anni che necessitano di supporto urgente in Etiopia, Kenya e Somalia. La crisi che sta attraversando in questi anni la zona del Corno d’Africa sta portando con sé conseguenze che impattano fortemente sui bambini e le loro famiglie. La mancanza di pioggia costringe infatti le comunità più fragili ad abbandonare le loro abitazioni per ricercare qualcosa da mangiare e dell’acqua, forzando così i più piccoli a vivere un’infanzia senza una casa stabile, senza la possibilità di accedere a pasti regolari e avere una buona idratazione.
Enti e istituzioni stanno mettendo a disposizione risorse mirate per dare supporto a coloro che sono costretti a fare i conti con una condizione di malnutrizione e denutrizione in Africa. I fondi di coesione dell’Unione Europea sono infatti stati impiegati per dare concretezza ad alcuni progetti specifici.
Una delle iniziative nell’ambito dei finanziamenti dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (AICS) è il progetto per il miglioramento delle condizioni nutrizionali di donne e bambini nei distretti sanitari di Garango e Tenkodogo, nel Burkina Faso, svoltosi tra il 2019 e il 2022. In particolare, nata con l’obiettivo di ridurre l’incidenza della malnutrizione infantile, questa iniziativa prevede la promozione e la gestione di servizi di prevenzione, diagnosi e cura coinvolgendo le comunità rurali e potenziando il servizio pubblico.
Inoltre, i fondi stanziati in questo progetto puntano a migliorare e a rendere più varia l’alimentazione delle famiglie, diffondendo le buone pratiche legate all’agricoltura, spingendo alla coltivazione di varietà di riso a maggior valore nutrizionale e incentivando l’itticoltura.
Un occhio di riguardo è riservato alle donne: il progetto punta a favorire l’accesso al reddito monetario e a promuovere la loro presenza attiva nella lavorazione e nella vendita del riso.
Si inseriscono in questo solco anche le iniziative di aiuto umanitario svoltesi nel 2021 in Etiopia con l’obiettivo di favorire il trattamento e la prevenzione della malnutrizione acuta tra i bambini.
Queste forme di finanziamento puntano inoltre a ridurre quella che viene conosciuta come “malnutrizione da pancia gonfia”. Il kwashiorkor è caratterizzato da una forte ritenzione di liquidi e da un accentuato gonfiore corporeo ed è la conseguenza dell’assenza o della scarsa assunzione di proteine con la dieta, una condizione diffusa nei Paesi in via di sviluppo.
Quando a mancare sono le risorse idriche
A rendere complessa la situazione di molti tra i Paesi più poveri è, oltre alla mancanza del cibo, anche la carenza di acqua. Secondo quanto messo in luce all’interno del rapporto “Progress on household drinking water, sanitation and hygiene (WASH) 2000-2022: Special focus on gender” recentemente pubblicato dall’Unicef e dall’Oms, nel mondo si contano oltre 1,8 miliardi di persone prive di risorse idriche.
Un’assenza che pesa maggiormente per le donne: a loro spetta infatti, in modo molto più diffuso, l’impegno di raccogliere l’acqua per tutta la famiglia. Un compito gravoso, pesante, in cui alla fatica fisica si aggiunge la riduzione del tempo da dedicare, a seconda dell’età, al gioco, all’istruzione o al lavoro.
La mancanza di servizi igienici all’interno della propria abitazione porta con sé, oltre all’assenza di privacy e riservatezza, anche a un aumento dei rischi legati alla salute e una maggiore difficoltà nella gestione delle mestruazioni.
Anche in questo ambito sono state introdotte iniziative e misure ad hoc da parte dell’Unione Europea, utilizzando i finanziamenti previsti dai fondi di coesione. Da citare, ad esempio, quanto fatto a San Salvador tramite il progetto del 2014 “Accesso all’acqua e ai servizi igienico-sanitari: empowerment delle donne e inclusione sociale nella microregione di Morazan Nor” e le attività di aiuto umanitario del 2021 dal titolo “Garantire l’accesso al diritto all’acqua e ad un ambiente salubre negli insediamenti informali e in risposta all’epidemia di COVID-19 per i bambini vulnerabili libanesi e non libanesi e le loro famiglie”.
Si tratta di piccoli passi che, piano piano, permettono di migliorare le condizioni di vita di moltissime persone. I risultati non stanno tardando ad arrivare: secondo l’Unicef, infatti, tra il 2015 e il 2022 l’accesso all’acqua potabile gestita in modo sicuro è cresciuto notevolmente, passando dal 69% al 73%.
La strada è lunga, ma la direzione è quella giusta. Entro il 2030 si punta infatti a raggiungere un risultato ambizioso: il target degli Obiettivi di sviluppo sostenibile prevede infatti l’accesso universale all’acqua potabile, un bene che può e deve essere alla portata di tutti.