“Una imprenditrice sempre in prima linea. Anche nei momenti difficili”
“Una imprenditrice sempre in prima linea”: così si definisce Margherita Rezzonico, owner di Tessilmare, l’azienda di Lecco, fondata nel 1947, specializzata nella produzione di accessori per il settore nautico. Una realtà che, anche sotto la sua guida, ha saputo imporsi come punto di riferimento dell’intero comparto, portando l’eccellenza del Made in Italy nel mondo. E che, di recente, è arrivata sul podio del Premio Imprese Vincenti di Intesa San Paolo: un riconoscimento che viene assegnato a quelle aziende che hanno saputo distinguersi per l’approccio innovativo.
Un risultato importante, quindi.
Senza dubbio una bella soddisfazione, che ci spinge a fare ancora meglio. Soprattutto in un anno complicato come questo.
Lei è un’imprenditrice nei settori della nautica e del turismo che forse più di altri, in questi mesi, hanno risentito delle varie restrizioni causate dal Covid. Ci vuole raccontare come è andata?
Innanzitutto c’è da dire che il Covid-19 è arrivato inaspettato, in un trend di crescita per la nostra azienda. Cinque brevetti internazionali ci hanno permesso di svilupparci su scala mondiale, tanto che in dieci anni abbiamo raddoppiato il fatturato. Gli ultimi mesi sono stati pieni di dubbi e incertezze, tuttavia siamo riusciti a recuperare, e questo perché il settore nautico ha tenuto. Limitando gli spostamenti e riducendo il turismo, la nautica minore è stata una sorta di valvola di sfogo anche per gli italiani: d’altronde, la barca permette di sentirsi in vacanza e di rispettare il distanziamento sociale. Già a partire da giugno abbiamo avuto un rimbalzo di più del 40%, a novembre abbiamo ottenuto la parità di bilancio con i risultati dello scorso anno. Ci incoraggia anche il fatto che questo trend dovrebbe continuare per i prossimi mesi. Certo è che ci sono stati momenti davvero difficili.
Qual è stata la difficoltà maggiore?
Affrontare il momento in cui i nostri partner erano aperti e operativi e noi chiusi e impossibilitati a rifornirli. Abbiamo rischiato di perdere decenni di lavoro internazionale per una decisione nazionale. Quando ho intravisto la possibilità di chiusura ho chiesto a tutti i miei dipendenti di fare straordinari, in modo da evadere tutti gli ordini aperti. Quindi abbiamo messo tutto in sicurezza, in modo da ripartire appena possibile, cosa che ci è stata facilitata anche dal possedere dei codici Ateco graziati dalla chiusura più estesa.
Quindi anche in un momento complicato ha messo in atto una precisa strategia.
Quando dico che sono un’imprenditrice sempre in prima linea intendo anche questo: con il mio lavoro ho sempre viaggiato tanto, mi ritrovo faccia a faccia con i problemi e cerco di trovare soluzioni, anche con un pizzico di lungimiranza. Queste caratteristiche, tra l’altro, unite alla capacità di rischiare e reinventarsi, credo siano il vero valore aggiunto delle Pmi italiane. In questo caso specifico, noi non abbiamo subito fortissime ripercussioni anche grazie ai brevetti internazionali, alla sede negli Stati Uniti e alla presenza in territori diversi, ma stiamo pure raccogliendo i frutti di più di cinque anni di investimenti. E investire, pure nei momenti di crisi, è stata una scelta precisa anche in questo caso.
In che modo?
Gran parte del nostro lavoro ci vede in viaggio, per circa sei mesi all’anno. Ma con lo stop a fiere ed eventi abbiamo convertito il tempo disponibile per migliorare su altri fronti: abbiamo quindi investito in un nuovo sito gestionale e in pubblicità, abbiamo implementato le teleconferenze, schedulato in modo virtuale il training tecnico e proposto le conference ai nostri clienti. Un cambiamento che ci tornerà utile anche in futuro.
Come mai?
Sarà probabilmente la modalità che dovremo utilizzare e implementare nel prossimo futuro. Per noi l’utilizzo della teleconferenza, avendo una sede negli Stati Uniti, non è una cosa nuova. Ma invece di utilizzarla per le riunioni e per il training interno, abbiamo iniziato il processo di sviluppo di questi mezzi verso l’esterno. I risultati già si vedono: il lavoro risulta più sistematico, con sessioni mirate, ottimizziamo i tempi e riusciamo a raggiungere in maniera più diretta il nostro target. Certo, manca il contatto con le persone, parte integrante del nostro lavoro. E poi, per noi, i viaggi e le fiere erano anche un modo per tornare molto carichi a sviluppare nuovi prodotti.
Come vede il futuro dei settori nautico e turistico?
Il nautico, come ho detto prima, ponendosi come alternativa alle vacanze affollate vive un momento felice che si stima continuerà anche per la prossima stagione. Di contro, il comparto del turismo in generale rischia molto di più, anche perché penso che la riapertura delle frontiere non arriverà a breve. Tuttavia si cercherà di utilizzare anche questo periodo difficile per mettere a punto delle migliorie.
Come donna imprenditrice, qual è la cosa che la rende più orgogliosa?
Sono stata molto premiata per il welfare aziendale e questo ritengo che abbia a che fare con una certa sensibilità femminile. Ho cercato di mettere in atto tanti piccoli cambiamenti che, per quanto possano sembrare banali, poi incidono in maniera effettiva sulla qualità della vita dei dipendenti. Per esempio, ho fatto in modo che sia possibile portare i propri animali al lavoro e ho adottato l’orario “nordico”, dalle 8 alle 16.30, che lascia parecchio tempo libero. E poi, visto che condividiamo tanto tempo insieme come squadra, ho organizzato gli spazi come un open space che ricordi per quanto più possibile una casa, con stufa a legna, divani, una zona ristoro comune. Anche attraverso queste accortezze si crea un gruppo più coeso e amalgamato e procedere allo stesso ritmo verso gli stessi obiettivi diventa più semplice e naturale.
Con le sue aziende e il suo business, lei è un punto di riferimento nel mondo. Qual è la percezione delle donne al vertice nei Paesi esteri?
Fermo restando che sono ancora una minoranza rispetto agli uomini, personalmente ho avuto più problemi all’inizio della carriera rispetto ad ora. Contano senza dubbio l’età e la sicurezza acquisita nel tempo, ma credo che pure il mondo del lavoro stia cambiando. Forse c’è tuttora qualche resistenza nell’accettare la figura della donna come tecnico: a me capita ancora, in qualche fiera o evento, che qualcuno parlando con me poi chieda: “Non c’è un tecnico?”. La prendo in ridere, ma probabilmente è la dimostrazione che, da questo punto di vista, c’è ancora strada da fare.