Parità di genere e lavoro: lo smart working è il giro di boa?

Parità di genere e lavoro: lo smart working è il giro di boa?

Dati positivi, ma serve più sostegno a donne e famiglie

Compiti familiari e lavorativi nello stesso luogo

Nella sua drammaticità, la pandemia ha permesso di ripensare il modo di lavorare, dando una forte virata alla storica separazione fra tempo da riservare alla casa e tempo da dedicare al lavoro. Ad aprirsi, con la comparsa dello smart working, sono nuove opportunità, ma anche vecchie questioni.

La flessibilità, intesa come comodità di essere operativi dalla propria abitazione con orari anche diversi da quelli di ufficio, ha rivoluzionato le giornate di 6,6 milioni di italiani, strappando il quotidiano all’appiattimento del “vivere per lavorare” determinato da cartellini rigidi e lunghi spostamenti necessari per arrivare in ufficio. Un passo avanti su cui, però, c’è ancora molto da lavorare.

La missione della parità di genere in ambito lavorativo, infatti, rimane incompiuta anche nell’era dello smart working. Almeno per ora. Interventi concreti e innovativi di sostegno alle donne ma in generale alle famiglie sono la via che il ministero della Salute, assieme alle politiche di coesione in ambito Ue, stanno avviando per voltare pagina.

Lo smart working e le donne

Secondo i dati raccolti nel corso di questi anni, con il lavoro agile sembra essere aumentata la possibilità di occupazione femminile. Un giro di boa rispetto al trend pandemico in cui a perdere il lavoro sono state le donne nel 55% dei casi. A incrementare risulta anche essere la disponibilità degli uomini a occuparsi di faccende familiari e a gestire i figli, dal momento che trascorrendo più tempo tra le mura domestiche questi ultimi si trovano più facilmente a contatto con tutto ciò che gravita attorno alla sfera “casa”.

Smart working: gli effetti negativi

 Il lavoro agile talvolta porta con sé un carico importante di stress

L’assenza di separazione fra l’ambiente casalingo e quello professionale sembra tuttavia aver dato al gentil sesso anche del filo da torcere, incrementando l’esposizione femminile a un concentrato di stress ancora superiore rispetto a quello attivato dal rientro a casa dall’ufficio.

Un’ombra che in parte offusca il quadro, in particolare quando a sussistere è la combinazione telelavoro-donne, ovvero il semplice trasferimento dei doveri professionali a casa, senza la minima flessibilità, oppure la declinazione smart working-donne con figli.

Come sottolineato dal ministro alla Salute Orazio Schillaci in un’intervista all’Ansa: “Lo smart working ha rivoluzionato, specialmente negli ultimi anni, la vita di molte donne. Lavorare da casa, però, spesso in spazi piccoli dove ai doveri lavorativi si sommano quelli familiari, aumenta il livello di stress e richiede interventi di tutela della salute a garanzia del benessere psicofisico”.

Cenni di crescita verso la parità

In sintesi, da un lato il lavoro agile ha dato il via a una parabola che sembra anticipare qualche speranza per abbassare il divario della disparità di genere. Dall’altro, però, il lavoro delle donne non sembra cambiato poi così tanto: da una parte c’è infatti quello di cura, dall’altra quello come imprenditrice o come dipendente, tenendo conto che le “parti” stesse ora si trovano insieme nello stesso luogo, la casa.

Nonostante queste traiettorie chiaro-scure, l’84% degli italiani, compresi entrambi i sessi, dichiara di voler continuare a lavorare con questa flessibilità. Da una recente indagine condotta su un campione di oltre 37mila interviste a lavoratori e manager, emergono prospettive incoraggianti, fra cui spicca il fatto che l’81% delle donne ritiene che la qualità della vita non sia diminuita con la comparsa del lavoro da casa, ma sia rimasta invariata o addirittura migliorata.

Ancora, sia uomini che donne sono diventati più affidabili in ambito lavorativo grazie al modello “smart”. Non solo: i primi dichiarano di aver compreso meglio il valore delle responsabilità domestiche, mentre le seconde riportano di aver beneficiato maggiormente di una crescita nell’ambito delle competenze tecnologiche. Si riducono di conseguenza più gap: quello delle skills digitali e quello del lavoro di cura, che intercetta il maschile sollevando maggiormente la donna dagli incarichi legati alla gestione di casa e famiglia.

La diffusione dello smart working ha così reso evidente quanto lo stress psicologico legato a tutto ciò che ruota attorno a casa e famiglia unito a quello del lavoro impatti in modo particolare sulle donne. Un effetto che fa riflettere e richiede risposte concrete in termini di maggiore tutela, soprattutto se in gioco ci sono anche future o neo madri.

Donne in gravidanza e smart working

 Il tema cruciale della sicurezza sul lavoro in gravidanza

Attualmente, secondo la Legge di Bilancio, in caso di condizione a rischio chi è in dolce attesa può usufruire del lavoro agile già nei primi mesi di gravidanza. Le neomamme, oltre ai cinque mesi di congedo, possono inoltre usufruire del lavoro da remoto in accordo con il datore. Si tratta di temi, questi, molto delicati, oggetto di attenzione e riflessioni mirate.

In prima linea su tutto ciò che ruota attorno alla questione della sicurezza sul lavoro in gravidanza è il ministero della Salute, che già ad aprile, in occasione della Giornata Nazionale della Salute della Donna aveva organizzato con Komen Italia, organizzazione basata sul volontariato attiva nella lotta ai tumori del seno, e la Fondazione Policlinico universitario Gemelli interventi di supporto alla salute delle donne lavoratrici in condizioni socio-economiche svantaggiate, offrendo la possibilità di sottoporsi a pap test, visite ginecologiche ed ecografie mammarie a titolo gratuito.

Welfare aziendale, una nuova priorità

Nell’ambito delle discussioni in ambito di politiche di coesione UE è emersa l’esigenza di prestare maggiore attenzione alle iniziative di welfare aziendale che permettano di promuovere la partecipazione equa al mercato del lavoro e che favoriscano l’instaurarsi di un migliore equilibrio tra vita lavorativa e privata anche attraverso l’accesso a servizi di assistenza all’infanzia a prezzi accessibili.

La nuova programmazione Ue da qui al 2027 conta su 136,1 miliardi di fondi di cui il 32% (43,4 miliardi) è destinato all’occupazione e prevede il sostegno ad azioni per incentivare l’accesso al lavoro e misure specifiche per uomini e donne.

Fondi di coesione, la fotografia italiana

La dotazione prevista per l’Italia è di 28,34 miliardi di euro diramati su tre ambiti principali:

  • istruzione e formazione delle competenze;
  • inclusione e protezione sociale;
  • occupazione.

Con la nuova destinazione del PON Occupazione 2014-2020 nel PN Giovani, donne e lavoro, si punta “a promuovere il lavoro e le competenze, a favorire l’occupazione di giovani, donne e persone fragili e a modernizzare i servizi per il lavoro e le politiche attive”, riporta l’ente gestore Anpal (Agenzia Nazionale Politiche Attive Lavoro).

 La traiettoria da seguire si basa sul sostegno a salute e benessere di lavoratrici e lavoratori

Sebbene sia ancora presto per conoscere i progetti specifici finanziati dai fondi FSE e FESR 2021-2027, le singole regioni hanno già dichiarato il loro impegno, sulla scia di percorsi di welfare avviati in questi anni. Emblematica la sfida di crescita intrapresa dal Piemonte, che nel 2017 aveva lanciato “WeCare” , un Welfare Cantiere Regionale da 20 milioni di euro che ha permesso la creazione di oltre una decina di iniziative che includono sostegni a salute e benessere di lavoratrici e lavoratori, attività di pre e post scuola per i figli, servizi educativi e per l’infanzia, senza trascurare smart working, telelavoro ma anche cure per anziani e persone non autosufficienti. Il focus sulla promozione dell’occupabilità e dell’empowerment femminile è stato preso sul serio a ruota da Veneto, Sardegna e Abruzzo. Per FSE e FESR 2021-2027 si allinea anche la Toscana.