Pensione anticipata con Opzione donna
L’opportunità per lavoratrici dipendenti e autonome
In Italia l’età pensionabile si sta alzando sempre di più: secondo il recente rapporto dell’Ocse, tale valore toccherà quota 71 anni per le generazioni che entrano ora nel mondo del lavoro.
Per questo motivo gli scivoli pensionistici diventano un’opportunità interessante, da valutare con attenzione. Tra le varie possibilità è inserita anche “Opzione donna”: un trattamento pensionistico calcolato con le regole del sistema contributivo ed erogato alle lavoratrici, dipendenti e autonome, che hanno presentato domanda e che sono in possesso dei requisiti previsti dalla legge entro il 31 dicembre 2021.
Pensione Opzione donna nel 2022, cosa cambia rispetto a prima
Introdotta nel 2004 dalla legge delega 234/2004 (riforma Maroni), all’inizio questa soluzione prevedeva la flessibilità in uscita per le donne con 35 anni di lavoro alle spalle e un’età anagrafica di 57 anni per le dipendenti del settore pubblico e privato iscritte all’AGO (Assicurazione Generale Obbligatoria) o alle gestioni sostitutive e 58 anni per le autonome. In cambio le lavoratrici erano chiamate ad accettare il calcolo della pensione con il sistema contributivo integrale.
Con l’ultima legge di Bilancio, la misura Opzione donna è stata confermata anche per tutto il 2022.
Il trattamento pensionistico, che è stato oggetto di modifiche nel corso del tempo, oggi si presenta con delle caratteristiche leggermente diverse. A livello anagrafico, l’età minima per ottenere l’anticipo pensionistico ora è pari o superiore ai 58 anni per le dipendenti e 59 anni per le autonome. La proroga, comunque, ha bloccato l’adeguamento alla speranza di vita.
Per quanto riguarda le lavoratrici del comparto scuola e dell’Alta formazione artistica musicale e coreutica (Afam), se queste possiedono i requisiti possono conseguire il trattamento pensionistico rispettivamente a decorrere dal primo settembre e dal primo novembre 2022.
Pensione Opzione donna, le ultime notizie
Più in generale, in tema di previdenza c’è grande attenzione per la tanto attesa riforma delle pensioni, che dovrebbe evitare, nel 2023, il ritorno alla legge Fornero.
Opzione donna è tra le misure che potrebbero guadagnare la stabilità, diventando strutturale o quanto meno pluriennale, come si augura lo stesso ministro del Lavoro, Andrea Orlando.
Si sta inoltre discutendo della disparità pensionistica di genere, che comporta per le lavoratrici importi in media più bassi del 27% rispetto a quelli degli uomini, con un assegno medio mensile di 1.352 euro contro i 1.863 dei “colleghi” maschi.
Per colmare il divario, come ha sottolineato il ministro Orlando, bisogna puntare sul riconoscimento dei percorsi professionali delle donne che, nella maggior parte dei casi, sono gravati dal lavoro “invisibile” di cura. Ma non è una novità: il tema del gender gap, il divario tra genere maschile e femminile, è sempre più attuale. Per approfondire, ecco alcuni articoli:
- Cosa significa gender gap
- Calcolatore del gender gap, che restituisce il valore economico che le donne dovrebbero pagare, tenendo conto del Gender overall earnings gap
- Gender pay gap in Italia
- Gender gap nello sport
Pensione Opzione donna: ecco come funziona
Nella pensione Opzione donna ci sono due meccanismi in azione.
Il primo è il ricalcolo del trattamento pensionistico esclusivamente con il sistema contributivo. Il metodo considera validi i contributi:
- obbligatori;
- da riscatto o da ricongiunzione;
- volontari e figurativi.
Non vengono considerati, invece, i contributi figurativi accreditati per malattia e disoccupazione dei lavoratori dipendenti privati.
Il secondo meccanismo è quello della finestra mobile, ovvero un sistema che fa slittare in avanti l’erogazione del trattamento pensionistico: dalla data della maturazione dei requisiti, le lavoratrici dipendenti devono infatti aspettare 12 mesi per ricevere l’assegno; 18 mesi nel caso delle autonome.
I requisiti per accedere alla pensione Opzione donna
I requisiti per accedere ad Opzione donna sono:
- aver conseguito un’anzianità contributiva minima di 35 anni entro il 31 dicembre 2021;
- avere almeno 58 anni (se lavoratrici dipendenti) o 59 anni (se autonome) di età;
- per le lavoratrici dipendenti è richiesta la cessazione del rapporto di lavoro dipendente;
- per le lavoratrici autonome non è richiesta la cessazione dell’attività svolta.
La domanda si può presentare online nella sezione dedicata del portale INPS oppure si può ricorrere a intermediari dell’Istituto, come i patronati. Infine, si può fare domanda attraverso il contact center dell’INPS al numero gratuito da rete fissa 803 164 oppure allo 06 164 164 da rete mobile.
Opzione donna: come calcolare la pensione
Come già anticipato, la flessibilità in uscita garantita da Opzione donna viene compensata da un meccanismo di calcolo dell’assegno che utilizza esclusivamente il metodo contributivo.
Ciò comporta delle differenze sostanziali nell’importo rispetto all’adozione del sistema misto. Quest’ultimo si distingue perché applica il calcolo retributivo, basato quindi sulle ultime retribuzioni, fino alla data del 31 dicembre 1995 (con l’eccezione di chi ha oltre 18 anni di contribuzione alla data del 31 dicembre 1995: in questo caso la lavoratrice sfrutta questo metodo fino al 31 dicembre 2011). Dal 1996 in poi scatta invece il calcolo contributivo, che è strettamente legato ai contributi versati dalla lavoratrice durante la sua vita professionale e non agli stipendi dell’ultimo periodo.
Opzione donna, le simulazioni del calcolo
Il metodo contributivo, partendo dai contributi effettivamente versati, rivaluta e trasforma la somma ottenuta in rendita attraverso un particolare coefficiente, che cresce con l’aumentare dell’età pensionabile.
Come si può intuire, questo sistema di calcolo comporta una penalizzazione economica, in alcuni casi fino al 30%, per la lavoratrice. Va però detto che non è possibile quantificare una percentuale univoca, poiché la decurtazione è diversa per ogni situazione professionale e si lega allo sviluppo della carriera della lavoratrice.
In sintesi, i fattori che concorrono a determinare l’importo della pensione con Opzione donna sono tre:
- l’età di uscita;
- la quota di pensione che si riferisce al sistema retributivo (prima del 1995) e che viene penalizzata dal calcolo contributivo;
- la carriera lavorativa. Se gli stipendi sono stati fin da subito alti il ricalcolo di Opzione donna non penalizza eccessivamente la contribuente.
In alcuni portali è possibile effettuare delle simulazioni per farsi un’idea degli importi pensionistici legati alla misura. Ad esempio, prendiamo una lavoratrice dipendente nel privato con 37 anni e 3 mesi di contributi, di cui meno di 18 prima del 1996 e una pensione lorda, calcolata con il sistema misto, di 1.200 euro. Con Opzione donna, la lavoratrice arriva a percepire un assegno di 1.100 lordi, pari ad un netto di 932 euro.
Nonostante la penalizzazione, Opzione donna è un’opportunità preziosa, perché garantisce un anticipo di diversi anni rispetto all’età pensionabile tradizionale.
Il governo prevede che saranno 17mila le donne che quest’anno sceglieranno questa strada. Infine, i numeri cresceranno ancora nei prossimi mesi, raggiungendo infine quota 29.100 trattamenti nel 2024.