Le principali tipologie di violenza di genere
Gli abusi contro le donne: i tanti volti di un crimine odioso
Soprusi, intimidazioni, comportamenti scorretti: la violenza contro le donne assume varie forme, dentro e fuori le mura domestiche. Saperle riconoscere è il primo passo verso la denuncia.
È “violenza contro le donne” ogni atto di violenza fondata sul genere che provochi un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica per le donne, incluse le minacce, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà.
Così l’Onu definisce gli abusi che colpiscono la popolazione femminile: un fenomeno dai molti volti, alcuni più evidenti, altri più nascosti. Secondo l’Istat, in Italia circa un terzo delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subito violenza almeno una volta nella vita, in una qualsiasi delle sue forme.
Si tratta di crimini odiosi, che privano le persone della loro serenità, della loro libertà e della possibilità di decidere autonomamente della loro vita, intrappolandole in una gabbia fatta di paura, intimidazioni, minacce verbali e talvolta violenze fisiche.
Uscire da questa situazione può essere complesso: la violenza, infatti, spesso si nasconde nei legami più intimi – nella famiglia o tra gli amici – e per questo è difficile agire e denunciare chi commette questi crimini.
Il primo passo da fare è riconoscere questi comportamenti per quello che sono – dei crimini, appunto – dando loro un nome ben preciso, ricordando che non sono solo i gesti fisici a fare del male. Ecco quindi quali sono le tipologie di violenza di genere più comuni.
Le principali tipologie di violenza di genere
Violenza fisica e violenza psicologica
La violenza fisica e la violenza psicologica sono frequentemente connesse tra loro. La prima, infatti, spesso è preceduta da minacce, limitazioni della propria libertà, attacchi di gelosia e manifestazioni intimidatorie. Tutti fenomeni che si ripetono quotidianamente, creando rapporti basati sulla sopraffazione, la denigrazione e l’umiliazione.
Queste due tipologie sono le più comuni nel nostro Paese: secondo i dati di D.i.Re, la rete italiana dei centri antiviolenza, la forma di violenza sulle donne più diffusa è quella psicologica (77,3% dei soggetti che si rivolgono alle strutture di supporto), seguita da quella fisica (circa il 60%), caratterizzata da spinte, schiaffi, tirate di capelli, pugni e ferite.
Gesti che possono portare anche al femminicidio: in media, in Italia, viene uccisa una donna ogni tre giorni. Nel 78% delle occasioni, l’aggressione ha luogo dentro le mura domestiche. Nei primi due mesi del 2022 si sono registrati 11 episodi: nella metà dei casi il responsabile è il partner o l’ex partner.
Violenza economica
In un caso su tre (il 33,4%), sempre stando a D.i.Re, si verifica una situazione di violenza economica, basata su un rapporto di dipendenza legata al denaro.
Alcuni uomini vietano alle donne di lavorare e di guadagnarsi un’indipendenza finanziaria; altri non danno loro i soldi necessari per le spese della casa; altri ancora non corrispondono gli alimenti dopo la separazione e il divorzio.
Violenza sessuale
La violenza sessuale interessa invece il 15,3% delle donne che si rivolgono ai centri. L’aguzzino costringe la vittima a subire atti sessuali in seguito ad aggressione, minacce o ad abuso di potere. Le conseguenze possono essere molto pesanti, sia sul piano fisico (lesioni, infezioni, ecc…) sia su quello psicologico.
Le persone possono soffrire di incubi, insonnia e disturbi acuti da stress, con effetti negativi sul proprio benessere mentale e sulle relazioni interpersonali. Senza considerare le narrazioni tossiche che si registrano nei media e sui social: la vittima viene colpevolizzata per i suoi atteggiamenti o per il suo abbigliamento.
Violenza domestica
Frequentemente gli atti di sopraffazione e di denigrazione avvengono tra le mura della propria abitazione, in famiglia. Una situazione complessa, poiché reagire diventa difficile, a causa dei legami stretti che si sono instaurati nel tempo. In particolare, nei casi di violenza domestica a compiere le vessazioni è il proprio partner.
L’incredulità nel vedere la persona amata trasformarsi in carnefice è tale da portare a chiedersi quali siano i motivi di una tale reazione, cadendo nel circolo vizioso delle giustificazioni e della colpevolizzazione.
Violenza assistita
I comportamenti descritti possono avere ricadute anche sui membri della famiglia più fragili: i bambini. Davanti alle intimidazioni rivolte alla propria madre, i più piccoli possono subire dei contraccolpi a livello psicologico. Come spiegato dal portale Telefono Rosa, quando il minore fa esperienza diretta dei soprusi oppure ne percepisce le conseguenze si parla di violenza assistita.
In questo contesto i bambini imparano che l’uso della forza e delle minacce sono un comportamento accettabile all’interno di una relazione o di altri legami affettivi.
Mobbing e stalking: la violenza fuori dalle mura di casa
Molti episodi di violenza si verificano all’interno della famiglia o nella cerchia ristretta delle amicizie, ma non si limitano a questi ambiti: per molte donne nemmeno l’ufficio è un luogo sicuro.
Mobbing
In particolare, negli ultimi anni si è posta maggiore attenzione al mobbing sul lavoro. Si tratta di un vero e proprio abuso psicologico: la vittima viene denigrata con offese e minacce, talvolta “travestite” da battute scherzose.
Il fenomeno riguarderebbe il 52% delle donne e con mobbing si intende ad esempio:
- la messa in dubbio della propria produttività;
- critiche ingiustificate e assegnazione di compiti che non spettano al proprio ruolo;
- esclusione dalle riunioni e dalle scelte decisionali;
- molestie varie, tra cui palpeggiamenti, commenti non adeguati al contesto lavorativo oppure avance.
Questi atteggiamenti sono gravissimi e possono portare a sviluppare conseguenze pesanti come ansia, sbalzi d’umore, insonnia, bulimia e alcolismo.
Stalking
Attenzione anche allo stalking, una forma di persecuzione psicologica che può sfociare, purtroppo, anche in atti violenti. In Italia il 76,2% delle denunce per stalking sono state fatte da donne.
Chiamate, intimidazioni e pedinamenti: così lo stalker limita la libertà della persona, obbligandola a cambiare la sua quotidianità. Oggi gli aguzzini hanno un’arma in più: i social network. In queste piattaforme possono scrivere commenti – sfociando spesso nella diffamazione – oppure possono mandare messaggi privati direttamente alla persona interessata.
In un terzo dei casi lo stalker è un ex partner, ma talvolta questi comportamenti sono portati avanti da colleghi, conoscenti o parenti.
Violenza ostetrica
Altre tipologie di abuso sono ancora più sottili. Sebbene poco nota, la violenza ostetrica è una forma di vessazione subdola, poiché si manifesta all’interno delle strutture sanitarie, che dovrebbero invece rappresentare un luogo sicuro. Con violenza estetica si intende l’insieme di interventi forzati o negati che hanno una relazione con la salute sessuale e riproduttiva delle donne.
Nella pratica, si parla di violenza ostetrica nei casi in cui venga impedito l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza, venga negata la possibilità di un parto cesareo, o venga negato l’accesso alla somministrazione di cure contro il dolore (ad esempio l’epidurale) durante il travaglio, o vengano eseguiti interventi durante il parto (come l’episiotomia) senza consenso informato. La violenza ostetrica può essere costituita anche da parole e frasi pronunciate dal personale sanitario, che offendono, denigrano o sminuiscono l’esperienza della gravidanza, del travaglio o del parto o la stessa donna incinta, partoriente o neo-mamma.
Come difendersi dalla violenza di genere
Come abbiamo visto, le forme di violenza sono davvero numerose. Saperle riconoscere è il primo passo verso la denuncia. Ma cosa fare se si è vittima di abusi? Alcune delle opzioni sono:
- chiamare il numero antiviolenza e antistalking 1522;
- utilizzare l’app YouPol;
- rivolgersi ai centri antiviolenza e ai consultori presenti in tutta Italia;
- andare al pronto soccorso, se si necessitano di cure mediche in seguito alle ferite.
Tante strade per “tamponare” l’emergenza, anche se è fondamentale puntare sulla “prevenzione”, creando una cultura del rispetto delle donne, insegnando alle giovani ragazze a riconoscere, nominare e denunciare la violenza.