“Quota mamma per tutte”: una nuova proposta per la pensione delle donne con figli
Perché sono necessarie ulteriori misure a tutela delle mamme lavoratrici
Sono tante le disparità di genere nel mondo del lavoro: dalle differenze di retribuzione rispetto ai colleghi maschi, alla presenza limitata di donne in alcuni settori, come ad esempio quelli legati a discipline scientifiche, fino ad arrivare agli esigui numeri delle donne ai vertici delle aziende. Una delle criticità maggiori per le donne nel fare carriera è legata all’inconciliabilità della vita privata con quella professionale, in particolar modo a seguito della nascita di un figlio. Questo fenomeno ha importanti ricadute non solo sul reddito, ma anche sulla pensione, che risulta ovviamente penalizzata da una scelta spesso obbligata, intrapresa a causa della mancanza di adeguate misure di supporto.
Una vera e propria ingiustizia sociale, che impone di ripensare le agevolazioni a tutela della donna lavoratrice che sceglie di diventare mamma. L’obiettivo è quello di offrire un aiuto valido prima della maternità, durante la gravidanza e dopo il parto, fino ad arrivare alla pensione.
Le donne e il lavoro in Italia
Secondo l’Ispettorato del lavoro, nel 2019 sono state quasi 38mila le neo madri che hanno dovuto rinunciare al lavoro retribuito. L’inconciliabilità tra carriera e famiglia emerge anche dai dati Eurostat: nel nostro Paese si contano 1,29 figli per mamma contro la media europea di 1,55. La percentuale di donne italiane occupate tra i 25 e i 49 anni è pari al 60%, mentre in Europa è il 75,4%.
Non solo: in Italia tra le donne che non hanno mai lavorato, oltre il 63% ha dichiarato che ha fatto questa scelta per crescere i figli. In Europa lo stesso dato non supera il 47,1%. Stando poi al XVI rapporto Istat, le madri guadagnano circa il 10% in meno rispetto alle colleghe di pari grado senza figli.
Sempre secondo l’Istat, in Italia “fare un figlio riduce sensibilmente le probabilità di continuare a lavorare e le prospettive di carriera per chi continua, senza che vi sia un simile impatto per gli uomini”.
Minore occupazione e stipendi più bassi hanno un impatto inevitabile sulla pensione. Quali sono le misure a tutela delle madri lavoratrici? Vediamole insieme.
Agevolazioni per la pensione delle donne con figli: la legge Dini
La legge Dini (L. 335 1995) dà la possibilità alle donne con figli di ottenere la pensione anticipata. Si tratta di un provvedimento che riconosce le criticità, anche a livello di welfare, spesso incontrate dalle madri e viene incontro alle esigenze delle famiglie.
Questa opportunità è rivolta a tutte le mamme, al di là che abbiano usufruito o meno dei congedi (obbligatori o parentali). Secondo quanto stabilito dalla normativa, in particolare, si può richiedere l’anticipo dell’età pensionabile, rispetto al requisito di accesso della pensione di vecchiaia, di 4 mesi per ogni bambino avuto. Questa opportunità si applica solo fino al terzo figlio compreso, quindi l’anticipo è di massimo di un anno.
Una possibilità preziosa, dunque, ma con alcuni vincoli. Infatti possono accedere ai benefici della legge Dini soltanto le lavoratrici in pensione con il sistema contributivo o che hanno deciso di rivalutare il proprio pensionamento con tale sistema.
In alternativa all’anticipo della pensione, un’ulteriore opzione per chi rientra nella L.335/1995 è il trattamento previdenziale aumentato, grazie all’aumento, appunto, del coefficiente di maggiorazione (un valore che corrisponde all’età di accesso alla pensione). Il coefficiente – che cresce con l’innalzamento dell’età pensionabile – è un valore che traduce in pensione annua il montante contributivo accumulato dal lavoratore nel corso della sua carriera lavorativa. Con la legge Dini è possibile aumentare il coefficiente per le donne con figli di 1 anno (fino a due figli) o 2 anni (più di tre figli). Il beneficio è dunque evidente: più aumenta questo numero, maggiore è l’importo della pensione. Per conoscere i coefficienti in vigore, si può fare riferimento alle gestioni previdenziali a cui si è iscritti (Inps o altro).
La legge Dini, infine, riconosce ai dipendenti i contributi figurativi (ovvero accreditati senza onere per il lavoratore nei periodi in cui è restato inattivo, in cui ha percepito un’indennità a carico dell’Inps o ha percepito retribuzioni ridotte). Rientrano in questa casistica:
- le assenze dal lavoro per motivi legati all’educazione e all’assistenza dei figli, fino a 170 giorni per ogni bambino, fino al sesto anno di età;
- le assenze dal lavoro legate all’assistenza al coniuge e al genitore, purché conviventi, nelle condizioni previste dalla legge 104 (casi di minorazione fisica, psichica o sensoriale).
Attenzione: i contributi non sono accreditati in automatico, ma occorre fare una specifica domanda al fondo o alla gestione pensionistica alla quale si è iscritti all’inizio del periodo di assenza dal lavoro non retribuita.
Bisogna corredare la domanda con:
- una dichiarazione del datore di lavoro che indica i periodi di assenza;
- la certificazione anagrafica per determinare il grado di parentela con l’assistito;
- una documentazione che attesti l’eventuale condizione di portatore di handicap per usufruire dei diritti della legge 104.
Non sono inclusi nella misura coloro che rientrano nel sistema di calcolo misto della pensione.
Ape sociale 2021
È prorogata, anche per il 2021, la misura sperimentale denominata Ape sociale, ovvero un’indennità, corrisposta fino al conseguimento dei requisiti pensionistici, a favore di alcuni soggetti (disoccupati, invalidi, chi assiste parenti con handicap, chi svolge lavori gravosi).
In generale, per accedere a questa possibilità, occorre rispettare i seguenti requisiti:
- avere almeno 63 anni di età;
- avere almeno 30 anni (se disoccupati o invalidi) o 36 anni (per chi ha svolto attività gravose) di anzianità contributiva;
- non essere titolare di una pensione diretta.
Alle donne con figli è riconosciuta una riduzione del requisito minimo contributivo per l’accesso all’indennità, pari a 1 anno per ogni figlio, fino a un massimo di 2. Maggiori dettagli si possono trovare sul portale dell’Inps.
Mamme lavoratrici: la novità “Quota mamma per tutte”
Nonostante la normativa cerchi di venire incontro alle esigenze delle madri, c’è ancora molto da fare. Per proporre una soluzione valida Federcasalinghe – Obiettivo Famiglia, realtà senza scopo di lucro che rappresenta, in Italia, le persone che svolgono a tempo pieno o part-time il lavoro familiare, ha commissionato una ricerca sul tema all’istituto di studi e ricerche Fondazione Leone Moressa (nata nel 2002 da un’iniziativa dell’Associazione Artigiani e Piccole Imprese di Mestre CGIA e specializzato sui temi delle politiche del lavoro). Il risultato è un documento intitolato “Valore donna – Analisi del ruolo economico e sociale della donna”.
La ricerca propone un “bonus figli” per anticipare la pensione delle donne di un anno per ogni bambino avuto. Una vera e propria “quota mamma” da applicare a tutte le madri lavoratrici, senza distinzione riguardo il piano pensionistico.
“Obiettivo famiglia / Federcasalinghe […] vuole essere promotrice di questa riflessione, a favore di tutte le donne, e soprattutto di tutti i bebè. La ricerca “Valore Donna” affidata alla Fondazione Leone Moressa, è indirizzata ad una prima analisi della realtà: ‘donna – maternità – lavoro in Europa’. Oggi, l’allungamento della vita, permette di programmare un percorso caratterizzato da momenti diversi, favorendo tuttavia il rispetto del diritto dei bimbi, di avere la mamma vicina per almeno il primo anno di vita. Una neomamma serena, perché la sua prospettiva di vita è protetta, anche attraverso una copertura per la futura pensione.” ha dichiarato nell’introduzione allo studio la presidente di Federcasalinghe Federica Rossi Gasparrini.
“Quota mamma per tutte”: la proposta nel dettaglio
“Quota mamma per tutte” è un’opzione molto utile non solo per le madri che stanno lavorando, ma anche per tutte le donne che hanno lasciato l’impiego per accudire la famiglia: è infatti uno stimolo efficace per ritornare nel mercato del lavoro, quanto meno per arrivare alla soglia contributiva della pensione di vecchiaia.
Si stima che tale proposta implicherà un costo annuo di 500 milioni di euro, ma i benefici previsti sono notevoli:
- attribuire il giusto riconoscimento al valore delle donne sia nella famiglia che nel mondo del lavoro;
- far rientrare in ruoli occupazionali le lavoratrici potenziali dai 25 ai 54 anni (circa 1,2 milioni di donne in Italia);
- dare una spinta ad altre occupazioni, perché se maggiore è il numero di donne che lavorano, maggiore sarà la necessità di figure professionali come baby-sitter, o personale per la pulizia domestica e via dicendo;
- aumentare la natalità, un sistema di welfare sviluppato, attento alle esigenze dei genitori, può dare una spinta importante su questo punto. D’altra parte, come sottolineato nel documento, esiste una correlazione positiva tra occupazione – che può essere incentivata con il sistema “Quota mamma” – e il tasso di fertilità.
“Quota mamma per tutte” è una proposta importante, che va anche al di là del lato economico, come ricordato da Federica Rossi Gasparrini nell’introduzione allo studio: “La struttura e l’organizzazione sociale nei Paesi maggiormente sviluppati sta dimostrando alcune disarmonicità, legate al valore predominante assunto dal “denaro”. Sono stati messi in secondo piano i sentimenti, il diritto di ogni donna e di ogni uomo alla felicità, quale obiettivo da raggiungere ed apprezzare”.
“Quota mamma” è una proposta che mette al centro il desiderio di costruire una famiglia e di mantenere, allo stesso tempo, la propria carriera professionale. La soluzione è pensata per dare la giusta dignità a tutte le madri e a tutte le lavoratrici e per evitare che debbano scegliere, come purtroppo molto spesso accade, tra due identità e due vite.