Rientrare al lavoro dopo la maternità

Come tornare in azienda dopo la gravidanza

rientro a lavoro dopo maternità

Sono molte le madri che si sentono in difficoltà quando affrontano il rientro al lavoro dopo la maternità.

A spaventare sono sia lo scenario professionale sia il distacco dal bambino, che può portare a profondi sensi di colpa e difficoltà di gestione della famiglia. Spesso il ritorno a lavoro non è semplice, perché la mamma potrebbe trovarsi ad affrontare alcune modifiche nella posizione che ricopre in azienda e nelle prospettive di carriera.

Le opportunità per supportare la donna nella gestione familiare e agevolare questo passaggio sono molteplici e, oltre a nonni, asili o baby sitter, è possibile fare riferimento anche alle politiche di welfare aziendale create in base alle esigenze dei genitori.

Vediamo insieme alcuni consigli per affrontare al meglio il rientro al lavoro dopo la maternità.

Rientrare al lavoro dopo una gravidanza

rientro a lavoro dopo gravidanza

Stando al report pubblicato da Save the Children nel 2018, nel nostro Paese sono oltre 10 milioni le madri con figli minorenni e, in media, arrivano al primo parto intorno ai 31 anni. Se in generale fra le mamme la disoccupazione è molto alta (il 43,2% delle donne con figli sotto i 18 anni fra i 29 e i 45 anni d’età risulta senza lavoro) le neomamme rappresentano un vero e proprio allarme per il panorama nazionale: secondo un’indagine a cura dell’Ispettorato del Lavoro, nel 2016 sono state 25 mila le mamme che hanno lasciato il loro impiego perché trovavano difficoltà nel conciliare carriera e vita familiare.

Fra le motivazioni principali la carenza di servizi a supporto delle famiglie, il costo troppo alto di asili o baby sitter e la difficoltà nell’ottenere un orario part-time che permetta di organizzare le proprie giornate in maniera serena, senza dover rinunciare per forza ad uno dei due ruoli, quello aziendale o quello familiare.

Il welfare aziendale può aiutare le neomamme

rientro al lavoro dopo il parto

Ogni azienda deve rispondere a determinati obblighi nei confronti delle madri dipendenti, sia durante la gravidanza sia al loro ritorno; l’applicazione corretta di queste condizioni può senza dubbio facilitare il rientro delle neomamme dopo la maternità e favorire la loro stabilità lavorativa. Fra le principali norme troviamo:

  • congedo parentale: astensione facoltativa dei genitori dal lavoro per un periodo di 10 mesi fino ai 12 anni del bambino; l’assenza non può superare i 6 mesi di continuità e può essere richiesta a ore o ripartita nei tempi previsti;
  • permessi: in caso di handicap del bambino o per l’allattamento, ogni donna può usufruire di permessi retribuiti;
  • assenza per malattia del bambino: entrambi i genitori, fino ai tre anni di vita del bambino, possono assentarsi dal lavoro per tutta la durata della malattia; superati i tre anni le assenze possono essere al massimo di cinque giorni l’anno. Il congedo per malattia non è retribuito.

Oltre alle normative standard, alcune aziende permettono alle mamme altri tipi di agevolazioni, per conciliare meglio la vita lavorativa e quella privata, come ad esempio smart working e asili interni o strutture comunali convenzionate, oltre ad incentivi per aiutare anche i papà a partecipare alla gestione familiare.
Questo tipo di azioni non solo permettono alla neomamma di reintegrarsi agevolmente, ma ne favoriscono la crescita e la stabilità in azienda.

Rientro al lavoro dopo la maternità: parla la legge

Il 2019 ha portato alcune novità nella gestione della maternità, che hanno reso più flessibile la scelta del periodo in cui iniziare la pausa dal lavoro: l’obbligo resta quello dei 5 mesi di assenza, che possono essere gestiti dalla madre in diverse modalità:

  • 2+3, astensione standard: con interruzione due mesi prima del parto e rientro dopo tre mesi dallo stesso;
  • 1+4, maternità flessibile: con inizio maternità un mese prima del parto e rientro al quarto mese di vita del bambino. Si prevede che vengano certificate da un medico del servizio sanitario nazionale la salubrità e la sicurezza dell’ambiente lavorativo, confermando quindi l’assenza di rischio per la madre nel proseguire l’attività;
  • 0+5, secondo la Legge di Bilancio 2019: con inizio del periodo di maternità direttamente dal parto; anche in questo caso un medico del servizio sanitario nazionale deve accertare che le condizioni sul luogo di lavoro non comportino rischi per la neomamma.

Ogni decisione non può essere presa senza il benestare del proprio ginecologo, che saprà consigliare la futura mamma in base alla sua situazione nel modo migliore.

Ai tre casi sopraelencati si aggiunge quello delle neomamme che svolgono attività a rischio: quando le condizioni di lavoro, per ambiente o tipologia di mansioni, rappresentano un pericolo per la madre e il bambino, la lavoratrice, una volta informata l’azienda, dovrà inoltrare la richiesta di maternità anticipata all’Ispettorato del lavoro, che ha l’obbligo di rispondere in sette giorni effettuando i dovuti accertamenti sanitari. In caso di esito negativo, alla lavoratrice vengono dati ulteriori dieci giorni per presentare una nuova documentazione e un’ulteriore richiesta. Una volta accettata la maternità anticipata, si può iniziare subito il periodo di assenza, che può perdurare anche fino al 7° mese di vita del bambino, sempre su certificazione delle autorità territoriali in materia di lavoro.

Per lavori a rischio si intendono quelli che prevedono sforzi fisici e quelli svolti a contatto con sostanze nocive o chimiche: interessano quindi le donne impiegate nel settore sanitario, nel settore dei trasporti, quelle che devono svolgere le loro attività in piedi o in posizioni scomode.

La possibilità di richiedere la maternità anticipata vale anche nel caso di gravidanze a rischio.

Per regolamentare il ritorno al lavoro dopo una gravidanza la legge si basa sull’art. 56 D.Lgs. 151/2001, secondo il quale la neomamma al suo rientro deve avere la stessa mansione e lo stesso ruolo lasciato prima del parto. Questo scenario, tuttavia, non sempre si realizza al termine di una maternità, perché durante la sua assenza l’azienda potrebbe aver modificato l’organigramma e potrebbe aver sostituito la neomamma con una nuova risorsa. Va ricordato a questo proposito che fino al compimento di un anno di vita del bambino, la madre lavoratrice non può essere licenziata se non per giusta causa, risoluzione di contratto a termine, chiusura dell’attività.

Qualora le condizioni della lavoratrice subissero delle variazioni questa potrebbe rivolgersi al Giudice di Pace, per far valere la sua posizione.

Sconfiggere il senso di colpa per il rientro al lavoro dopo la maternità

come rientrare a lavoro dopo la maternità

Un altro ostacolo da affrontare per ogni lavoratrice è il distacco dal suo piccolo: dopo mesi in cui il legame è simbiotico arriva il momento di allontanarsi per una parte della giornata, delegando ad altri il compito di accudirlo.

Che si tratti di nonni, maestre o baby sitter, la paura che il bambino possa affezionarsi più ad altre figure e dimenticare la propria mamma è un problema per molte donne e va affrontato nella maniera corretta, senza incrementare o sottovalutare il senso di colpa.

Esistono quindi una serie di accorgimenti da adottare per rendere meno complesso il rientro al lavoro dopo la maternità:

  • non avere fretta: è possibile reinserirsi in azienda in maniera graduale, magari coprendo solo parte della giornata, in relazione alle disponibilità dell’azienda. In questo modo mamma e bambino avranno più tempo per abituarsi alla nuova routine;
  • ascoltare le esperienze altrui: nonostante i dati sconfortanti, le mamme che rientrano al lavoro dopo il parto sono molte e sono pronte a dare consigli alle nuove arrivate. Nel periodo della maternità confrontarsi con loro può essere utile;
  • avere fiducia: in se stesse, negli altri e nel bambino. Bisogna comprendere che affidarlo a qualcuno non è sintomo di negligenza e che è possibile scegliere la persona migliore per lui e per noi;
  • dare qualità al tempo: tornare dal proprio bambino dopo una giornata di lavoro è un’occasione per stare insieme, creare ricordi e alimentare il rapporto, per questo va goduta senza esitazioni e senza pensare alla lista di cose da fare;
  • delegare: non siete le uniche in casa, quindi delegare alcune faccende al vostro compagno o agli altri figli può essere d’aiuto nel concentrarvi sul lavoro e sulla famiglia con maggior serenità. Se necessario, valutare anche la possibilità di un aiuto esterno per la gestione dell’abitazione.

Il rientro a lavoro dopo la maternità è davvero un momento delicato per mamme e bambini e può capitare che per accompagnare questo momento sia necessario il supporto di specialisti quali psicologi e pediatri che sappiano dare le giuste risposte.