Violenza economica sulle donne: cos’è e come riconoscerla

Vediamo cosa fare nel caso di un rapporto di dipendenza basato sul denaro

violenza-economica

La violenza di genere ha molti volti. Di solito al concetto si associano soprusi legati alla sfera fisica, sessuale e psicologica; tuttavia, a queste forme più conosciute se ne aggiungono altre meno note, come la violenza economica.

Ma cos’è la violenza economica? Secondo quanto riportato dall’EIGE – European Institute for Gender Equality – è classificabile come violenza economica sulle donne ogni atto “di controllo e monitoraggio del comportamento di un soggetto in termini di utilizzo e distribuzione di denaro, nonché la minaccia costante di negare le risorse economiche”.

Per esempio, ciò si verifica ogni volta in cui il patrimonio personale viene gestito da un terzo, il quale pone dei limiti al suo libero uso – decidendo arbitrariamente per cosa è possibile spendere o meno il denaro –, oppure nel caso in cui non venga effettuato il pagamento degli alimenti in seguito a una separazione.

C’è poi una forma ancora più subdola, ossia impedire alla donna di lavorare, riducendo la sua autonomia. Questi comportamenti danno origine a un meccanismo fatto di subordinazione e di possesso, due aspetti che sono alla base di ogni tipologia di violenza di genere.

La violenza economica in famiglia

Come accade spesso anche per gli altri abusi, la violenza economica ha perlopiù luogo dentro le mura domestiche. Questo accade perché ancora oggi, in molte relazioni, la gestione dei fondi viene affidata al partner maschile.

In diversi casi, inoltre, l’uomo è l’unica figura della coppia ad avere un lavoro salariato. Per molti decenni infatti è stata esclusivamente la figura maschile a occuparsi del sostentamento del nucleo familiare, mentre la donna aveva il solo ruolo di moglie e madre e si occupava principalmente della gestione domestica e della crescita dei figli.

In questo tipo di struttura societaria la donna era dipendente economicamente nei confronti del partner, subendo di conseguenza una riduzione significativa della propria libertà.

La dipendenza economica delle donne

Molte donne sono soggette a dipendenza economica

Ma non è un fenomeno legato solo al passato: prendendo a campione le vittime di violenza, la rete dei centri specializzati D.i.Re ha rilevato che il 33,4% dei soprusi ha connotazioni economiche. Non solo: il 32,9% delle donne assistite dall’associazione presenta un reddito pari a zero.

L’emancipazione reddituale, poi, è raggiunta in meno del 40% dei casi di violenza. Persino nelle situazioni in cui si gode di un’autonomia economica, l’importante gap salariale tra uomo e donna continua a rendere quest’ultima dipendente dal partner. Il Gender Pay Gap in Italia è calcolato oltre il 43%.

E non finisce qui. Il problema si manifesta anche in relazione agli istituti bancari. A livello nazionale, tre donne su dieci non possiedono un conto corrente autonomo: la situazione è particolarmente grave nel Sud Italia, dove si arriva a un tasso di dipendenza economica e bancaria che riguarda il 46% della popolazione femminile.

Un tale stato di subordinazione rende ancora più complesso denunciare la violenza, poiché molte donne sono consapevoli di non avere i mezzi economici per potersi mantenere da sole e sono perciò costrette a sopportare i soprusi subiti da parte del partner.

Violenza economica: è reato?

La disciplina giuridica inerente la violenza economica è incerta. Questo tipo di sopraffazione non viene riconosciuta come reato a tutti gli effetti ed è perciò complesso anche definire una pena a riguardo.

Indubbiamente, la difficoltà a stabilire dei procedimenti legali efficaci in merito è dovuta anche al fatto che di violenza economica si è iniziato a parlare solo nel 2011, con la Convenzione di Istanbul. La giovane età del termine ha quindi inciso sulla ricezione del problema, che tutt’oggi emerge meno di quanto dovrebbe.

In Italia il fenomeno non è quindi oggetto di una disciplina specifica. Tuttavia, è comunque possibile fare riferimento al Codice civile e al Codice penale per inserire tale sopruso all’interno dei maltrattamenti in famiglia e degli atti che limitano la libertà dell’individuo. In base al modo in cui verrà trattato il singolo caso, sarà poi stabilita la pena per la violenza economica, che può ad esempio assumere la forma di multa nei confronti del partner o del coniuge abusante.

Cosa fare in caso di violenza economica?

denunciare la violenza economica

Per capire come agire in caso di violenza economica è innanzitutto indispensabile riuscire a riconoscere i soprusi a cui si è sottoposte: una volta presa coscienza del problema, si può chiamare il numero nazionale antiviolenza 1522.

Ciò non è facile, soprattutto visto il rapporto di dipendenza che ancora oggi caratterizza una parte significativa delle relazioni di coppia. Per questo motivo, è necessario investire nella consapevolezza femminile con percorsi strutturati, aiutando ragazze e adulte a notare e denunciare i comportamenti violenti, di qualsiasi tipo.

Inoltre, va trasmesso alle donne il valore essenziale dell’autonomia economica, dimostrando loro che sono perfettamente in grado di gestire i propri fondi. Un progetto che agisce su tale fenomeno dovrà poi esaminare inevitabilmente lo stato occupazionale femminile, poiché solo fornendo alle donne le risorse economiche necessarie a sostenersi è possibile rompere il circolo vizioso della dipendenza.

A favore dell’emancipazione vi è infine una proposta di contributo mensile – il cosiddetto reddito di libertà, di circa 400 euro –, che mira a supportare l’autonomia di tutte le vittime: è il primo passo per non tornare all’interno della relazione abusiva.

Riconoscere e denunciare la violenza, investire nella consapevolezza finanziaria e fornire i mezzi minimi per il sostentamento sono dunque azioni che mirano a ridurre significativamente i soprusi. Sarà infine necessario implementare una disciplina giuridica in merito, incasellando correttamente la violenza economica come reato e predisponendo una pena adeguata.

Al netto di questi importanti interventi, va rimarcato che l’unica soluzione definitiva è l’educazione: solo promuovendo il rispetto e l’uguaglianza sarà infatti possibile sradicare i meccanismi della società patriarcale, rendendo le donne libere e autonome.